Cultura e Spettacoli

Religione e medicina: per Damien Hirst la stessa illusione

Mai come in questa edizione la Biennale di Venezia è stata affiancata da un così grande numero di eventi collaterali: Vettor Pisani all’isola di San Servolo, Joseph Kosuth all’isola di San Lazzaro, Emilio Vedova all’isola di Sant’Erasmo, la performance di Vanessa Beecroft al Mercato del pesce, Jan Fabre a Palazzo Benzon, Enzo Cucchi al Museo Correr, Yasumasa Morimura alla Fondazione Bevilacqua La Masa, Richard Hamilton al Palazzetto Tito, Thomas Demand alla Fondazione Cini, Bill Viola nella chiesetta di San Gallo.
Tra queste mostre non poteva mancare, negli antichi e poco noti spazi di Palazzo Pesaro Papafava, una personale di Damien Hirst l’artista inglese nato nel ’65, premiato nel ’95 con il «Turner Prize» e diventato capofila della «Young British Art». Nell’esposizione - a cura di Valerio Dehò, catalogo di Damiani Editore con un’intervista di Sean O’Hagan all’artista - vengono presentati i lavori della recente serie New Religion (nella foto, The Fate of Man). Hirst infatti procede per serie come la famosa Natural History, con gli animali morti conservati in formalina, che suscitò grandi polemiche. Proprio alla Biennale di Venezia, ad «Aperto ’93» fu presentata l’opera Madre e figlio divisi: due vetrine contenenti le sezioni di una mucca e di un vitello. Al di là delle polemiche, l’opera assumeva le modalità di presentazioni dei Musei della Scienza, e si configurava come un tentativo di annullare i confini tra la vita e la morte.
Dopo altre serie come quella delle Spot Paintings, pitture ispirate a tavole ottiche, iniziano ad apparire tematiche mediche e farmacologiche come Pill paintings, Medical Cabinets, Pharmacy. Questo tema è ripreso e coniugato con quello religioso nelle ultime opere. New Religion presenta infatti la fusione tra simboli religiosi ed elementi farmacologici, di cui è emblema il «marchio» con la scritta Hirst che si presenta come una pastiglia di aspirina e un’ostia al tempo stesso. «Può essere un’idea semplice - l’eucarestia che sembra un’aspirina -. E poi improvvisamente mi ritrovo a pensare: “Non può essere un caso! Ecco che cosa usano per vendere le aspirine!”». Dice Hirst: «quando hanno fatto quell’aspirina, inconsciamente o in un altro modo stavano pensando “questa già funziona”. Viene venduta da sempre alla gente e funziona». E ancora a proposito di medicine: «È la scienza che supera la religione come panacea universale. Il proiettile magico. Ecco cos’è una capsula».
Religione e scienza sono parificate in una comune illusoria utopia salvifica. Simboli religiosi come il teschio, la colomba, il crocefisso resistono, secondo Hirst, anche per la loro potenza kitsch. Tra stampe, foto, sculture, una crocefissione dove ferite chirurgiche sostituiscono le stimmate e un inedito trittico di quadri monocromi ricoperti di farfalle spillate, spicca una sorta di altare su modello delle vecchie cassettiere tipografiche dove gli oggetti sono organizzati nella sintesi spaziale dell’asettico contenitore.

LA MOSTRA
«Damien Hirst. New Religion». Venezia, Palazzo Pesaro Papafava, Cannaregio 3764. Fino al 4 agosto. Orari: 10–12,30; 16–19, chiuso il mercoledì mattina.

Info: 3355443326.

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