Da Renault a Opel nozze ad alto rischio

Se alla fine saltasse, l’unione tra Opel e Magna (per usare il paragone più classico: gli sposi, dopo la «promessa», ora devono solo scambiarsi gli anelli) entrerebbe nel Guinness dei matrimoni naufragati all’ultimissimo momento. È come se lo sposo, o la sposa, se la desse a gambe levate prime di entrare in chiesa. Il 3 novembre prossimo sarà il consiglio di amministrazione di Gm, la casa madre di Opel, a decidere se battere in ritirata - annullando la «promessa» già siglata con Magna-Sberbank, dando così seguito all’ipotesi maturata alla fine di agosto - o trovare la soluzione per chiudere la vicenda. In realtà il nodo sarebbe stato già sciolto se il governo tedesco e il sindacato Ig Metall avessero accettato di sacrificare almeno un impianto produttivo in Germania, bilanciando in tal modo le richieste di sacrifici agli altri Paesi dove sono presenti insediamenti di Opel (Spagna, Belgio e Regno Unito in particolare). Ed è proprio qui che si è impuntato l’Antitrust europeo che contesta l’erogazione di aiuti pubblici per 4,5 miliardi al consorzio Magna-Sberbank, da parte di Berlino, a fronte di un atteggiamento non equo sul fronte dei tagli produttivi in Europa. Un ostacolo che verrebbe aggirato nel momento in cui Gm varasse il suo piano B che prevede di mantenere la controllata europea nel perimetro aziendale, varando contemporaneamente un drastico piano di ristrutturazione anche in Germania. Così facendo, inoltre, dimostrerebbe all’Amministrazione americana come una presenza europea veramente razionalizzata sarebbe in grado di assicurare dividendi proprio alla casa madre General Motors, con buona pace della Task force di Barack Obama. Il prossimo 3 novembre, a Detroit, il vertice di General Motors discuterà proprio di questo e, per il bene di Opel (c’è liquidità fino a metà gennaio), forse qualcuno dovrà fare un passo indietro visto che le elezioni sono già avvenute.
Si diceva, all’inizio, che l’unione di Opel con Magna-Sberbank in caso di naufragio dopo il recente «sì» virtuale, entrerebbe nel Guinness dei matrimoni falliti sul filo di lana. L’ultimo periodo, in questo senso e considerando i settori extra-auto, ha visto sfumare in piena zona Cesarini, quindi con gli accordi già siglati, non poche nozze per un valore stimato nel 2008 di 400 miliardi di dollari.
Qualche esempio: Bhp-Rio Tinto (comparto minerario, unione da 60 miliardi di dollari) e Bell Canada-Fondi pensione Usa (tlc, valore oltre 40 miliardi). Ma c’è sempre da mettere in conto la propensione alla litigiosità dei partner, la voglia di avere sempre l’ultima parola, la scoperta all’ultimo momento o a distanza di pochi anni di situazioni non chiare.
Emblematiche (e torniamo all’auto) le nozze meteora Renault-Volvo annunciate dai rispettivi vertici al Salone di Ginevra nel marzo 1990 e naufragate tre anni dopo per motivi di campanile. A prevalere era stata la ferma opposizione degli svedesi a farsi fagocitare da Parigi.

Infelici le parole dell’allora numero uno di Renault, Raymond Levy, al momento dello scambio degli anelli: «Siete completamente fuori strada se vi aspettate di essere convocati tra pochi anni per l’annuncio, in una conferenza stampa, dello scioglimento dell’accordo». E invece.

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