Cultura e Spettacoli

Rensi fra scienza e Dio

Può sembrare un controsenso che in questa rubrica ci si occupi di un libretto intitolato Apologia dell’ateismo (di Giuseppe Rensi, a cura di A. Torno, ed. La Vita Felice, pagg. 112, euro 8,50). Credo però che Armando Torno abbia visto giusto proponendo questo breve testo a tutti, credenti (perché ripassino le ragioni della loro fede) e non credenti (perché ne ricavino qualche buona idea).

Nonostante l’arroganza degli atei di professione, ospiti dei salotti televisivi, che hanno bisogno di mostrare disprezzo per la fede (soprattutto cristiana), io ho una certa simpatia per l’ateismo perché avevo un nonno ateo, ed era l’uomo più buono del mondo, e voi capite l’importanza che una cosa come questa può avere nella vita di una persona. Rensi (1871-1941) scrisse questo pamphlet per il mitico editore Formiggini. Il libro è noiosetto fino all’inizio dell’ultimo capitolo: per pagine e pagine l’autore non sa fare altro che attaccarsi alle sottane di Kant (che non amava la metafisica, perciò poteva permettersi, nonostante le sue argomentazioni, di non essere ateo: mentre Rensi lo era - metafisico e, quindi, ateo). Poi però arrivano le ultime pagine e lo scenario cambia. La visione di un universo vagamente schopenhaueriano, libero da ogni vincolo con una mente creatrice e perciò caotico, tempestoso e ultimamente inconoscibile domina l’ultimo, splendido capitolo. Rensi non oppone fede e scienza: in un universo senza Dio nemmeno la scienza può nulla: «Solo quando Dio è scomparso, i flammantia moenia mundi si spalancano, l’universo non è più il salotto di Dio, ma erompe in un turbine di mondi totalmente disparati che nessuna coscienza, neppure divina, si può concepire atta a pensare...».

Rensi conclude dicendo senza esitazione che «l’ateismo è una religione; perché l’essenza di questa sta nel preoccuparsi della realtà ultima, nel pensiero diretta a questa, in una affermazione intorno a questa nella quale sentiamo di racchiudere il nostro maggiore interesse mentale, e, quasi a dire, di porre in giuoco o di decidere il nostro destino».

Che consapevolezza aveva, l’ateo Rensi, della natura della religione! Fossero tutti così, forse il dialogo esisterebbe davvero, e non verrebbe contrabbandato con questo nome lo squallido balletto tra sordi che la tv generalista ci serve, tutti i giorni, a tutte le ore.

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