Cultura e Spettacoli

Renzo Piano crea un museo-jukebox per celebrare Emilio Vedova

L'architetto ha realizzato una galleria robotizzata che mette in scena le opere dell'artista

Renzo Piano crea un museo-jukebox per celebrare Emilio Vedova

Venezia - Ad ogni nuova edizione della kermesse lagunare, il «fuoriBiennale» si arricchisce puntualmente di eventi imperdibili che si snodano tra spazi, edifici riadattati e dimore private date in prestito o noleggiate a caro prezzo. Quest’anno i Magazzini del Sale alle Zattere, luogo suggestivo ancorché teatro di iniziative, fanno da palcoscenico a un singolare progetto che fonde un linguaggio tradizionale come la pittura all’avanguardia delle tecnologie applicate all’arte.

La pittura, anche se nella fattispecie il termine è forse riduttivo, è quella di un artista a cui la città di San Marco deve moltissimo: Emilio Vedova, enfant terrible dell’arte segnica del Dopoguerra, alla cui memoria l’omonima Fondazione e il Comune di Venezia hanno dedicato uno spazio espositivo ideato e progettato da Renzo Piano, architetto poco incline alle banalità ma piuttosto a felici matrimoni tra scienza e genius loci. Stavolta si trattava di adeguare un luogo austero come il Magazzino, all’opera di un artista che ha sempre avuto nel dinamismo e nella monumentale teatralità il proprio appeal. Dinamico e teatrale doveva dunque diventare anche il lungo corridoio, sessanta metri per nove di travi e mattoni, che un’imprescindibile oscurità rende più simile a una caverna che a uno spazio in cui poter ammirare capolavori.

Eppure, grazie al genio di Piano, l’antro oscuro da oggi partorirà dal proprio ventre magiche epifanie, in virtù di un meccanismo che movimenta l’intero archivio della collezione rendendola interamente e ciclicamente fruibile al pubblico. Come in altre occasioni, il sistema ideato da Piano è semplice e sofisticatissimo al contempo. Come un gigantesco «juke-box», un dispositivo robotizzato preleva automaticamente le opere dal loro deposito in fondo al Magazzino e le presenta lentamente al pubblico una per una. Le gigantesche tele del maestro informale (anche se Vedova detestava la definizione) viaggeranno sospese nello spazio grazie ad una navetta dotata di bracci mobili e orientabili che scenderanno lungo le antiche capriate dominando lo spazio, a differenti altezze, all’interno di un campo di luce concentrato che ne garantisce una illuminazione ottimale.

Il sistema consente di contemplare contemporaneamente una decina di opere, prima che esse tornino a dormire lasciando il passo a una seconda tornata. Ricordando l’importanza che Vedova ha sempre conferito allo spazio come parte integrante di un’opera d’arte «percorribile» nella materia e nella forma come «oggetto in continuo divenire», è assai probabile che il progetto curato da Germano Celant avrebbe affascinato un artista che con i Magazzini delle Zattere aveva un legame particolare, e che delle sue opere soleva dire: «Non sono creazioni, ma terremoti...

».

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