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Reportage: le scuole con il marchio Quella di Adro e quella di Mr Tod's

Il sindaco di Adro si difende: "Il sole delle Alpi è un nostro simbolo storico". L'elementare di Mr Tod's

Reportage: le scuole con il marchio 
Quella di Adro e quella di Mr Tod's

nostro inviato ad Adro (Brescia)

Se non fosse la scuola più discussa d'Italia, sarebbe semplicemente la più bella. La scuola che tutti gli alunni e tutti gli insegnanti italiani si meriterebbero. Osservandola, il pensiero corre subito a quei bambini romani costretti in questi giorni a scrivere sui pavimenti, perché ancora aspettano l'arrivo di qualche banco. O a quei genitori che in alcuni istituti fatiscenti si sono improvvisati imbianchini, per restituire un minimo di dignità all'edificio più importante della comunità.

Sì, devo ammetterlo: al netto delle feroci battaglie politiche, fermandomi alla pura questione logistica, mi trovo davanti a un capolavoro. Visto dal nuovo polo scolastico di Adro, davvero l'atavico svacco dell'istruzione pubblica sembra lontanissimo e riscattato. La scuola modello, in solido cemento armato e caldo legno massiccio, sta dentro un'area di 30mila metri quadrati. Di questi, 17mila sono verdi. Tutte le notti, sei robottini tagliaerba girano in continuazione per tenere il prato sempre rasato come una moquette. Questo per dire a che punto si sono spinti. Il resto è a seguire. Materna, elementare, media, palestra, più la mensa con cuochi del posto, gestita e controllata dal comitato dei genitori. Dentro, il meglio. Tanta luce dalle finestre. Materiali ecocompatibili, rigida osservanza del risparmio energetico. I banchi, in legno, sono ergonomici: si regolano in altezza e hanno il ripiano reclinabile, buoni per qualunque taglia. Sparita la lavagna con gesso: ogni aula ha la lavagna elettronica, collegata con il computer dell'insegnante, che può diffondere la lezione dal suo posto e salvarla a futura memoria.

Di più: da casa, il genitore può collegarsi via Internet e seguire in diretta anche l'interrogazione del figlio, oltre a conoscere in tempo reale le notizie di routine come assenze e voti. Tutto, in questi edifici, è collaudato e certificato nel rispetto delle più avanzate norme di sicurezza. C'è poco da discutere: non manca niente per definirla a pieno titolo scuola perfetta. Come dovrebbero essere tutte le scuole di una nazione seria.

Come è potuto accadere? Sempre al netto delle feroci battaglie politiche, è bellissima pure la storia che porta al miracolo. Il suo punto d'inizio sta esattamente agli antipodi: San Giuliano. È da quella imperdonabile vergogna, su quei detriti insaguinati, che nasce questa scuola. Il sindaco di qui, l'ormai popolarissimo e insultatisimo leghista Oscar Lancini, 45enne impresario del paese che vince le elezioni del 2004 col 44 per cento (e le rivince nel 2009 col 62), è ossessionato dalla tragedia del Molise. «Di fronte a quei bambini rimasti sotto la sciatteria di noi adulti - ricorda adesso - mi sono detto: non potrei mai sopportare quello che è toccato a quel sindaco. Che tra l'altro ha lasciato sotto il crollo anche la sua creatura. Così, anche se mio figlio era iscritto alla scuola dei frati carmelitani che avevo già frequentato io, ho messo la scuola pubblica al punto uno del mio impegno. Appena eletto, ho avviato un'indagine per sapere com'era la situazione: mi sono trovato di fronte ad una grana enorme».

All'epoca, Adro ha scuole separate: asilo, elementari, medie. Non hanno un brutto aspetto, non sono vecchissime. Ma i sopralluoghi danno un esito impietoso: norme antisismiche, impianti elettrici, strutture di sicurezza, tutto da rifare. Con un primo calcolo, si scopre che rimetterle a norma costa il 70 per cento in più rispetto a una nuova costruzione. Il sindaco opta istintivamente per la seconda strada, ma sorge un problemino: non ci sono soldi. Il Comune chiede a Roma, alla Regione, alla Provincia, ma la risposta è sempre la stessa: magari, forse, più avanti, ci sono le priorità…
È a quel punto che la scuola modello di Adro scrive anche le pagine di una storia singolare. Viene sperimentato sul campo il principio vero del vero federalismo: settimo arrangiarsi. Il sindaco comincia a lavorare di fantasia. E a girare col cappello in mano. Così ottiene il progetto gratis dall'ingegner Giuseppe Toscani, nativo del posto. Quanto al grosso della cifra necessaria, tra i 6 e i 7 milioni di euro, c'è una sola strada percorribile: barattare le vecchie scuole con le nuove. Alla pari, senza aggiungere un soldo, perché un soldo non c'è. Il bando europeo è aperto alla partecipazione di qualunque impresa, ma in Comune lanciano un'altra sfida: tenere l'appalto in casa. Il sindaco chiama gli impresari del paese, un paese di lunga tradizione edile, e li scuote: ma come, bisogna fare la scuola dei nostri figli, vogliamo magari lasciarla in mano a qualche avventuriero che arriva da lontano? In quattro ci stanno. Si mettono assieme e vincono l'appalto. Il sindaco Lancini, affiatatissimo con il suo segretario calabrese Filippo Raco, impone condizioni rigidissime: inizio lavori agosto 2009, inaugurazione 11 settembre 2010. Un anno esatto, 365 giorni: ogni giorno di ritardo, penale di 6mila euro. Non ci sarà nemmeno un giorno di ritardo. Gli impresari, raccontano in paese, «lavorano come se costruissero casa loro, perché quella sarà la casa di tutti i nostri bambini…».

Alla fine, ci si accorge che mancano i soldi per gli arredi. Portare quelli vecchi sarebbe un peccato: sono conciati malissimo. Il sindaco riparte allora con il cappello in mano: forza, facciamo l'ultimo sforzo. Le famiglie del paese rispondono: 300mila euro. Chi si «compra» l'intitolazione di un'aula intera con 15mila euro, chi offre mille euro. A cose concluse, avanza pure qualcosa.

Certo, il resto della storia è noto: la scuola perfetta ha un difetto. La sua macchia, il suo peccato originale sta in quel simbolo applicato un po' ovunque: il sole delle Alpi. Zerbino d'entrata, banchi, cestini. Da scuola modello, in pochi giorni, diventa scuola macello. E il sindaco si ritrova in mezzo alla terza guerra mondiale. Lui si difende ripetendo in continuazione la stessa cosa: «Quello non è il simbolo della Lega. Il sole delle Alpi è un nostro simbolo storico, lo si vede ovunque, sui palazzi d'epoca e persino sulla tovaglia dell'altare, nella chiesa parrocchiale. Sono le nostre radici, la scuola non deve perderle. Quanto all'intitolazione a Miglio, io rendo omaggio a un federalista vero. Ma ho intitolato solo l'edificio, che è del Comune. La scuola sarà dedicata agli eroi risorgimentali del paese, i fratelli Dandolo…».

Sindaco, lo fermo, non faccia l'ingenuo: lo sapeva cosa sarebbe successo. Riesce persino a sorridere: «Certo. Ma almeno tutti vedono cosa abbiamo fatto. Invito qui anche il presidente Napolitano, così se ne rende conto. Non ho problemi. Ma senza il sole delle Alpi, nessuno avrebbe mai parlato di questa impresa. Poi si sa com'è la scuola: dentro, ci vanno gli insegnanti, non il sindaco.

Sono loro che possono spiegare tante cose ai ragazzini, in un modo o nell'altro…».

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