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"Repubblica" folgorata sulla via di San Mario

Nell'analisi di Gotor l'incontro col Papa diventa un'apologia del premier: una prosa servile che fa impallidire anche chi ossequia il Cav

"Repubblica" folgorata  sulla via di San Mario

Sacro Monti, Santo subito. E la libera stampa progressista intonò il Te Deum laudamus.
Ieri Miguel Gotor, in un’untuosa analisi misteriologica sulla prima pagina di una Repubblica folgorata sulla via di San Mario, nella sua narrazione apologetica dell’incontro fra Monti e il Papa, cantando i miracoli del nuovo premier che «incarna lo spirito del tempo», ha intonato per quattro volte il termine più usurato del già di per sé liso governo Monti. Sobrietà. Brrrr.
«Monti è apparso attenersi a un invisibile registro di sobrietà e laicità»... «la sobrietà si esprime nella gestualità che assume la forma di una confidenziale, ma rispettosa riverenza»... «la laicità e la sobrietà promanano già dal primo incontro col Papa, davanti alla sua biblioteca privata» ... «una maggiore sobrietà e senso dell’opportunità traspaiono anche dal rituale scambio dei doni». Se l’autore avesse usato un’altra volta la parola sobrietà, in nome del noto principio pedagogico secondo il quale a ogni predica moralistica corrisponde una reazione di forza uguale e contraria, finita la lettura avremmo organizzato immediatamente un festone nel più depravato night club della città. Con dieci olgettine.
Ora, non è la ripetizione di un termine di per sé sobrio come «sobrietà» a nauseare. Ma piuttosto la cortina d’incenso sparsa ad abundantiam da Repubblica (e anche da altra Stampa in verità) attorno alla ieratica figura dell’Uomo della Provvidenza. Che, incredibilmente, alla fine dell’articolo si capisce non essere il Papa. Ma Monti. Loden in excelsis Deo.
Da vent’anni si stigmatizza la tendenza a compiacere il padrone da parte dei media di Berlusconi. Ma, al confronto della prosa ossequente riservata da Miguel Gotor al Professore, anche il pezzo più servile verso il Cavaliere mai apparso sulle colonne del Giornale apparirebbe come una critica impietosa. «Sobrietà e laicità... valori che certo appartengono allo stile dell’uomo», «la forma è sostanza e nulla rivela di più che lo scarto esistente tra una plurisecolare cerimonialità e l’inclinazione dell’individuo, il suo personale contributo al teatro della vita»... «È l’incontro tra due professori, il teologo tedesco e il più tedesco dei nostri uomini di governo»... «un franco sorriso, un reciproco sguardo dritto negli occhi»... «Monti tiene la schiena dritta (sic!) perché sa di essere, in quel momento, non un privato cittadino o un fedele cattolico in visita al Papa, ma il capo del governo italiano»... «Non ha nulla da farsi perdonare o da nascondere e dunque non necessita di esibizioni barocche, né si profonde in servili (gulp!) pronunciamenti come Berlusconi»...
Repubblica che loda la laicità di Monti. È la santificazione radical chic di un vecchio sagrestano democristiano. L’ordinazione progressista di un frate questuante. Misteri della fede.
Tutto concorre alla canonizzazione in vita del Sacro Monti di Varese. Tutto attorno a lui è esente da colpe e paradisiaco. Dal loden all’Eden. «Monti - recita la litania del cronista evangelico Miguel Gotor - è solito muovere accademicamente le mani per accompagnare il fluire dei suoi concetti come se volesse rafforzarli». Ma attenzione, ecco la Rivelazione. «Ora però, davanti al Papa, le mani sono immobili sul grembo - come la Vergine, ndr - accenna un movimento ma le riallunga subito sui braccioli per poi riportarle intrecciate davanti a sé: questa volta non deve spiegare, vuole soprattutto ascoltare». Non come quel satiro di Berlusconi «che, in analoga occasione, nel 2008, si esibiva in un baciamano degno di un vassallo: le mani giunte a ghermire (sob!) quelle del pontefice, il busto proteso in avanti, il capo esageratamente chino, le labbra irritualmente poggiate sulle mani di Benedetto XVI»... Vade, retro.
Persino la signora Monti viene trasfigurata, secondo il medesimo misurato registro: «Elsa, a differenza di Veronica Lario, e come già la cattolica Flavia Prodi, la moglie del premier non porta il velo, bensì ha il capo scoperto e indossa un rigorosissimo tailleur nero con gonna sotto il ginocchio».
E in dono il Professore portò il suo Libro.


Ite, missa est.

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