RomaLa voglia matta. Matta da legare. Muoiono dal desiderio di essere ancora sulla tolda, indicare la rotta, e si precipiterebbero ancora al timone, se solo potessero. Se la ciurma, maledetti cialtroni, li invocasse.
In un contorno persino farsesco si consuma la tragedia di Massimo DAlema e Francesco Rutelli: troppo giovani per la pensione, troppo logori per il podio del Pd. La stagione di entrambi è finita senza mai sbocciare, il ritorno alla loro leadership ormai senza corso legale.
Uno, cavallo di razza del Pci, primo e unico a transitare da Botteghe Oscure a Palazzo Chigi. Laltro, un discepolo pannelliano folgorato dal Vaticano sul ponte di SantAngelo, già sindaco dei circenses romani, persino sfidante di Berlusconi, ma poi sepolto di voti e umiliato persino da Alemanno. La fine di Uòlter trascina con sé anche loro, capi estremi di una matassa troppo lunga per avere filo conduttore. Rutelli non esita a evocare una «estinzione» del neonato malformato, per trovar fortuna al Centro; DAlema strenuo difensore di socialdemocrazia europea, senza essere mai andato a Canossa dal socialismo italiano. Persino alleati, nelle tattiche sofisticate che si sono ritorte loro contro.
Entrambi sono furibondi per laddio traumatico di Veltroni, che li ha additati (senza che il Buonista trovasse il coraggio di dirlo chiaramente) come «nemici del popolo» pidino. «Non fate al successore quello che avete fatto a me», sè finto crocefisso il cattivissimo Uòlter, manco fosse in mezzo ai due Ladroni. E ora sia DAlema che Rutelli si sfogano, si spiegano, si rivolgono ai propri reduci, per giustificarsi e (senza dirlo chiaramente) porre la propria ipoteca programmatica sul leader che sarà. Franciasco «er piacione» lo fa addirittura per gli amici di Facebook, con la disinvoltura delle informazioni sulla community, come se discorresse delle lentiggini di Dodi o dellultima serata in discoteca con Bubi. Invece pretende addirittura di lanciare la nuova frontiera, e strali sul recente passato: «Il fallimento di una leadership, sedici mesi di vita perduti, in cento giorni si gioca il futuro... ». Quasi una decina di cartelle fitte, grondanti disappunto personale e aria fritta generale, da tradurre in piani di fuga per la famiglia rutelliana. Affidate al vento del momento, alla garrula leggerezza facebookiana.
Tradizionale e compunto, ecco invece lo sfogo di DAlema affidato alle amorevoli cure di Repubblica (dovrà pure cominciare a farsi perdonare linnamoramento veltroniano): «Caro Walter, nessun complotto, ma hai fatto solo scelte confuse, le tue dimissioni sono un trauma che impone verità e responsabilità... ». Basta sospetti, chiede Massimo, concedendo lesame approfondito per Re Franceschiniello: «Illustri le sue intenzioni politiche... ».
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