La resa dei conti spaventa i «colonnelli»

Storace attacca: Fini ha pessimi consiglieri. La Russa cerca di smorzare i toni, Maceratini «molla» il leader

Francesco Kamel

da Roma

Per An si avvicina la resa dei conti dell'Assemblea nazionale. Anche la corrente Nuova alleanza di Adolfo Urso e Altero Matteoli dovrebbe presentare all’Ergife un proprio documento. Lo si deciderà solamente venerdì sera in una riunione di componente all’Osservatorio parlamentare. Una possibilità che accresce l’incertezza sui lavori dell’assemblea mentre sale la tensione nel partito. Ieri a scatenare un ruvido botta e risposta tra i due senatori di An Luigi Bobbio e Roberto Salerno è stato l'atteggiamento «dialogante» di Gianni Alemanno sulla riforma della Giustizia. «Strano l'iperattivismo del ministro - ha sbottato Bobbio - non vorrei che sia un'arma di pressione per risolvere conflitti interni ad An». Pronta la replica di Salerno: «Bobbio sconfina in polemiche che sono fuori dal tema e fuori dalla sua portata. Manca di equilibrio e di senso del partito». Un fatto marginale ma rivelatore dell’atmosfera di questi giorni. Anche per questo ieri è intervenuto Francesco Storace. Il ministro della Salute non vuole spaccature e dopo essersi opposto alla fronda antifiniana ha mandato messaggi trasversali: «Non sono affatto ottimista. Ho il timore che ci siano ispiratori della rottura, la cosa più sbagliata che si possa fare». Per Storace «è bene non farsi prendere la mano perché rischia il partito, non rischia né Fini, né io né qualcuno di noi. E allora che anche lui capisca che non possiamo farci prendere la mano dal tentativo di alzare il tono. Fini - ha sibilato Storace - ha pessimi consiglieri». Rispetto agli altri, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri sembrano più attendisti. A digiuno di dicasteri, rischiano di dover ingoiare la cooptazione di Matteoli come coordinatore unico. La Russa ieri ha evidenziato (e richiesto) unità. «All'interno di An - ha detto - c'è un clima unitario, nel senso che stiamo cercando tutti la strada per una ripartenza di An e della Cdl. Siamo tutti in clima di riflessione, anche io ho scelto di limitare al minimo le dichiarazioni». Il «clima» è in realtà ancora segnato dalle critiche prese di posizione di Mario Landolfi su alcuni aspetti della legge Gasparri. Una «gomitata» al predecessore per evidenziare il proprio appoggio a Fini? Più probabile che il ministro abbia prospettato una (maldestra) prova di forza col centrosinistra. L'incidente è rientrato ma l'impressione è che mai come in questo momento Fini abbia davanti a sé una dirigenza divisa da forti personalismi. Uno scenario che offre al leader di An la possibilità di gestire la crisi nel migliore dei modi. E poi oltre alle comprovate doti di manovratore, in questa fase il presidente di An ha un'arma formidabile: le candidature per il 2006. Chi gli si metterà contro con il rischio di ritrovarsi in qualche collegio «sovietico»? Per questo il voto segreto è determinante per lo svolgimento dell’assemblea. Anche perchè il malumore nel partito è diffuso. Nei giorni scorsi Mirko Tremaglia aveva chiesto l'azzeramento dei documenti e la piena fiducia a Fini. Ma dopo Teodoro Buontempo, Gustavo Selva e Publio Fiori, ieri un altro «grande vecchio» come Giulio Maceratini ha attaccato il presidente.

Maceratini ha posto «il problema di incompatibilità tra gli alti ruoli istituzionali e quello di presidente effettivo» e ha lamentato i «molteplici atti politici tesi a scolorire la nostra natura di destra». Mentre i colonnelli si fronteggiano a vicenda, la «vecchia guardia» si oppone frontalmente a Fini in uno scontro generazionale che sembrava impensabile.

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