Resa dei conti sul caos liste A rischio i vertici Pdl in Lazio

RomaSquadra che vince non si cambia. Ma se la squadra vince senza aver giocato, e in troppi restano in panchina, l’adagio non vale. Così il day after della conquista del Lazio da parte di Renata Polverini offre molti spunti politici, e polemici, interni al centrodestra romano, a cominciare dalla resa dei conti per il pastrocchio della lista fantasma.
Da un lato essersi ripresi la Regione nonostante la mancanza del simbolo del Pdl nella circoscrizione di Roma aumenta la portata dell’impresa. Dall’altro quella stessa assenza moltiplica i rimpianti dei tanti rimasti «a piedi» e le recriminazioni di quanti riflettono sul risultato strappato nella capitale. Non certo un trionfo: la Città eterna, che nella primavera di due anni fa spianò la strada del Campidoglio a Gianni Alemanno, due giorni fa ha scelto Bonino. La Polverini si è difesa bene, contenendo il distacco e colmandolo con il pieno di voti incassato nelle altre province laziali, ma i numeri parlano chiaro, e per il centrodestra capitolino sono un passo indietro. I diciannove municipi romani hanno concesso a Emma un vantaggio di quasi 115mila voti. La Polverini si è fermata a 580mila preferenze, quando Alemanno, al primo turno, toccò quota 677mila. Pur considerando la scarsissima affluenza (solo 56 romani su 100 sono andati alle urne) è un gap che fa riflettere.
La lista Polverini ha fatto il suo: primo partito a Roma con il 33 per cento. Ma il dato è comunque inferiore a quello che avrebbe raccolto il Pdl, e al quale si sarebbe aggiunto il risultato della lista civica. Insomma, alla fine per il Pdl è andata bene, ma il pasticcio-lista qualche grattacapo l’ha creato, anche se molti minimizzano. Il sindaco Alemanno, per esempio, dà del «matto e patetico» a chi vede un «segnale al sindaco» nel risultato romano. Di certo, il Pdl capitolino ha due soli motivi per sorridere: la vittoria raggiunta comunque, in primis. E l’essere riusciti a far confluire sul listino della presidente una buona parte - non tutta - del consenso pidiellino.
L’altra anomalia sono i «big» del partito rimasti fuori dai giochi insieme alla lista. Sempre Alemanno, a fianco della Polverini, ha promesso che saranno premiati per il loro impegno «conto terzi», ma non necessariamente sotto forma di assessorati.
Qualcuno che non era in corsa se la ride, come il parlamentare del Pdl Mario Pepe, che fa un parallelo col colera manzoniano e azzarda: non è un male se qualcuna delle 41 «vittime» eccellenti della lista fantasma resterà a bocca asciutta. Certo in molti ci sono rimasti male. Per esempio, il consigliere provinciale del Pdl Enrico Folgori. Certo di sbarcare in consiglio, e di conquistare una presidenza di commissione, si è trovato in azione solo per «girare» i suoi consensi su un candidato della lista Polverini. «Sono sicuro – spiega ora - che di questo impegno si terrà conto sviluppando proposte per una concreta collaborazione».
Un caso non certo isolato. E l’insoddisfazione dei «trombati a priori» potrebbe accelerare i tempi di un ricambio al vertice locale del Pdl. A rischiare per «responsabilità oggettiva» sono in particolare il coordinatore romano, Gianni Sammarco, e quello regionale, Vincenzo Piso. Qualcuno già ipotizza un avvicendamento in chiave rosa.

In pole position c’è la giovane deputata Beatrice Lorenzin, già coordinatrice nazionale dei giovani azzurri, portavoce del comitato elettorale della Polverini. Ma molti ipotizzano un ruolo di coordinamento anche per il ministro della gioventù Giorgia Meloni, presidente di Azione giovani.

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