Politica

La resa incondizionata della Quercia

Tutto secondo copione. L'affondo della procura di Milano, il can-can degli organi di stampa controllati da quell'intreccio economico-finanziario che tenta di farla da padrona in ogni campo, le scuse di Fassino e D'Alema e, voilà, l'acqua non ribolle più. Tutto improvvisamente sembra acquietarsi politicamente come dopo un acquazzone estivo fermo restando gli arresti di Fiorani e altre minori indagini giudiziarie. Intanto i democratici di sinistra sono in un angolo e sembra abbiano imparato la lezione.
Il messaggio di quel torbido intreccio economico-finanziario è fin troppo chiaro. Ti apriremo le porte del governo, dice il Potere, daremo battaglia a tutto campo a Berlusconi ma adesso abiura definitivamente alla tua vecchia identità già sbiadita dal tempo e non cercarne un'altra. Te la daremo noi, la nuova identità sembra dire quell'intreccio torbido, e sarà quella generica e confusa del partito democratico, un nuovo partito al servizio degli interessi forti. Quegli interessi, per dirla con Eugenio Scalfari, che per stile di vita, cultura protestante e amore di ricchezza, hanno il diritto di guidare il governo del Paese. Ai democratici di sinistra il ruolo agiato dei comprimari di seconda fila. Niente guida del governo, niente collateralismi, niente occupazione dei centri nevralgici del potere finanziario ma solo un po’ di ministri, una buona immagine di «borghesi bohémien» e niente più scherzi. Ciò che descriviamo sembra un gioco o un'immagine letteraria mentre è solo l'amara realtà di una politica debole e subalterna. Il precipitoso ritorno indietro di Fassino e D'Alema sull'Unipol è la vera Caporetto della politica, quella con la P maiuscola capace di tenere testa agli interessi forti di un Paese come l'Italia.
La politica ha la sua autorevolezza e la sua legittimità a governare il Paese sempre quando tuteli sopra ogni cosa la propria autonomia, senza farsi intimidire da titoli di giornali. Un'autonomia nelle proprie decisioni e nelle proprie opinioni tanto da far capire agli interessi, piccoli e grandi, di un Paese industrializzato come l'Italia che il suo primato è garanzia per tutti perché nessuno è in condizione di dettargli apoditticamente linee, principi e regole. È questa la politica in una democrazia vera. Alla prova dei fatti il partito dei Ds è venuto paurosamente meno. Questa mattina la direzione nazionale si concluderà con molta probabilità unitariamente e con una resa senza condizione al potere intimidatorio di quel corto-circuito finanza-informazione di cui spesso in queste ultime settimane abbiamo parlato nel mentre la banca d'Italia si appresta a dire no all'Opa dell'Unipol su Bnl uniformandosi, così, a quel volere in un silenzio assordante anche della sinistra bertinottiana.
Ma perché siamo così severi nei riguardi del partito di Fassino e di D'Alema? La loro autocritica non è il leale riconoscimento di errori compiuti e non è la vittoria della trasparenza tanto invocata dai grandi organi di informazione? Purtroppo è l'esatto contrario. Nel governo di un Paese democratico si incontrano e si scontrano poteri di ogni tipo, da quello politico a quello economico, da quello giudiziario a quello sindacale e dei tanti gruppi di pressione. Ebbene nelle vicende di queste ultime settimane al maggior partito del centro-sinistra gli è stato fatto ingoiare il giudizio positivo dato sull'Opa dell'Unipol e gli è stato impedito di plaudire al disegno industriale che gli era dietro. Nel frattempo, però ad Abete e a Della Valle, la simpatica coppia della nuova finanza, è stato consentito di fare pressione su tutte le forze politiche perché affossassero quell'Opa che metteva in crisi il proprio potere di gestione in una banca, la gloriosa Bnl, che nel gennaio del 2005 ebbe dall'ispezione della Banca d'Italia il giudizio di «parzialmente sfavorevole», l'ultimo gradino prima del commissariamento. Ma a cosa sono dovuti il balbettio di D'Alema e Fassino, l'arroganza di Prodi e di Rutelli sostenuti dall'allegra combriccola che passa i week-end a Capalbio? Delle due l'una: o i Ds hanno qualcosa di grave da farsi perdonare che i grandi giornali non pubblicano e le procure non vedono in cambio di una loro ritrovata mansuetudine o la loro struttura politica è talmente debole da non resistere ad una banale offensiva mediatica. In entrambi i casi i Ds dimostrano di non essere una forza cui potere affidare il governo del Paese.
A pensarci bene, la sinistra post-comunista ha una sua diversità morale rispetto al cattolicesimo politico e alla tradizione del socialismo liberale. Essa, infatti, è sempre alleata fedele del peggior capitalismo che brucia, nella sua avidità di ricchezza e di potere, quattrini pubblici e posti di lavoro riducendo, molto spesso, gli spazi reali della libertà di tanti.

Ed è quello che sta avvenendo in questi giorni in un’Italia la cui sovranità è sempre più messa in discussione da forze illiberali politicamente rappresentate da pezzi importanti della Margherita e dei democratici di sinistra.

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