RomaAlle dieci di sera di mercoledì la partita sembrava essere quasi chiusa. Con il decreto di nomina del ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla e dei viceministri Roberto Castelli (Infrastrutture), Paolo Romani (Comunicazioni), Adolfo Urso (Commercio estero) e del sottosegretario all'Industria Stefano Saia (in sostituzione di Ugo Martinat) già messo nero su bianco. Una decisione, questa, su cui Silvio Berlusconi ragiona da tempo, un po' perché l'accordo sulla promozione dei tre futuri viceministri è in piedi da mesi un po' perché le materie di competenza di Castelli, Romani e Urso sono davvero troppo ampie per un semplice sottosegretario.
Il punto dolente, però, resta la Brambilla, perché soprattutto la Lega è decisissima nel tirare il freno a mano. Non è un mistero, infatti, che il Carroccio non sia affatto convinto della necessità di elevare a rango di ministero una competenza che è stata declassata perfino da un referendum popolare. Competenze, ha più volte ripetuto Umberto Bossi negli ultimi tempi, che «tra le altre cose sono di competenza regionale e non certo dello Stato centrale».
Insomma, dopo il via libera del Senato al federalismo fiscale sarebbe davvero «inopportuno» dare vita al ministero del Turismo. Eppoi, fa notare un esponente di governo della Lega, «l'accordo è sempre stato solo sui tre sottosegretari». Uno per partito, ripetono a via Bellerio ma anche nel Pdl, dove le incomprensioni di due anni fa con i Circoli della libertà non sono ancora state del tutto superate.
Insomma, il punto è che l'ingresso della Brambilla dentro il Consiglio dei ministri spariglia le carte e fa saltare gli equilibri, dando di fatto un ministro in più nella quota che secondo i vecchi meccanismi viene fatta risalire a Forza Italia. Cosa che non fa piacere alla Lega ma neanche alla componente del Pdl che fa capo ad An. Non è un caso che il ministro Altero Matteoli ieri abbia chiamato Castelli per rassicurarlo: «Da parte mia e di An non c'è alcun problema alla tua nomina».
Parole che l'ex Guardasigilli ha gradito, nonostante la lunga querelle delle nomine lo faccia ormai sorridere, tanto che mercoledì sera durante una cena a via Veneto con Bossi, Tremonti e tutti i vertici del Carroccio per brindare al via libera sul federalismo della questione non s'è fatta parola.
Alla fine, dunque, la partita delle promozioni governative è stata rimandata alla prossima settimana. Anche se ieri Berlusconi l'ha buttata lì dicendo in Consiglio dei ministri di voler «promuovere presto» Brambilla, Castelli, Romani e Urso. Indiscrezione, questa, confermata da importanti esponenti del governo tra cui Roberto Calderoli (che però parla solo dei sottosegretari che «potrebbero essere anche quattro»). Un modo per cercare di accelerare e chiudere finalmente la querelle. Nonostante Gianni Letta faccia come al solito uso della sua ormai celebre prudenza.
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