Politica

Il retroscena Un caffè tra i due leader Ma le distanze restano

RomaUn incontro organizzato su due piedi al termine della commemorazione di Tatarella nella sala della Lupa, un faccia a faccia di venti e passa minuti iniziato con il premier che ammira gli splendidi quadri delle stanze della presidenza della Camera e finito con la promessa di rivedersi al più presto, magari ripristinando quella consuetudine mai andata a regime del pranzo del martedì. Il quando, però, è ancora incerto perché al momento è difficile incrociare le agende di entrambi. «Ci aggiorniamo», concordano sia Silvio Berlusconi che Gianfranco Fini, prima di lasciarsi con una stretta di mano.
Un caffè imprevisto, dunque. Durante il quale il premier e il presidente della Camera si confrontano sì con toni distesi e pacati, ma restando ognuno sulle proprie posizioni. «È andata benino», confiderà ai suoi collaboratori il Cavaliere in serata. E anche Fini racconterà di un incontro «cordiale». D’altra parte, nessuno dei due si aspettava di risolvere tutte le divergenze in neanche mezz’ora di colloquio.
Così, ci sta che davanti ai cronisti i due non si dilunghino troppo sull’argomento. «Tutto bene, tutto benissimo», spiega il presidente del Consiglio imboccando l’ascensore al primo piano di Montecitorio. E comunque «non c’era nulla da ricomporre, almeno da parte mia». Ancora più ermetico Fini. «Come è andata? Lo leggerò domani sui giornali, grazie al cielo c’è libertà di stampa...», ironizza salendo in macchina a via dell’Impresa.
Ed è proprio di giornali che Berlusconi e Fini parlano all’inizio del faccia a faccia. Perché, dice il premier, «sarebbe meglio parlarsi di persona invece che comunicare attraverso i quotidiani». Il riferimento è ai molti articoli che ieri riportavano il «monito di Fini». Concetto su cui il presidente della Camera ritorna. «Dobbiamo affrontare - dice - la sfida del Pdl come progetto culturale di lungo periodo». Per questo il Popolo della libertà deve essere «un partito riformista e non confessionale», visto che punta a una platea amplissima. Berlusconi ascolta e annuisce. Si passa al caso Napolitano e alla vicenda Eluana con Fini che torna a ribadire quanto ieri aveva affidato ad alcuni quotidiani: «È miope cercare lo scontro senza prevedere le mosse successive. Potevi evitarlo. Te lo ripeto: non ho condiviso la scelta di andare avanti comunque con il decreto. È così oggi, sarà così in futuro». Ma io, replica il premier, «non ho mai cercato lo scontro con nessuno, tantomeno con il Quirinale». «Ho solo fatto - ribadisce Berlusconi - quello che ritenevo giusto per salvare la vita di una persona». Eppoi, «la lettera del Colle rischiava di diventare un pericoloso precedente».
Se il caffè di ieri segna di fatto un passo avanti sulla via del disgelo, dunque, è pur vero che le posizioni restano quelle delle ultime settimane. Su tutto o quasi, dall’uso della decretazione d’urgenza alla via migliore per modificare la Costituzione fino agli steps che devono portare alla nascita del Pdl.

Non è un caso che dopo l’incontro sia Berlusconi che Fini non si siano troppo dilungati con i giornalisti preferendo affidare a consiglieri e portavoce il resoconto del faccia a faccia.

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