Il retroscena Il Cav: «Ora colpiscono la seconda generazione»

RomaEra un lunedì di metà dicembre quando nel salotto di Arcore erano già arrivati gli echi dell’inchiesta Mediatrade. La procura di Milano, raccontava Silvio Berlusconi ai suoi commensali di allora, «ha cambiato bersaglio» e ora sta preparando «una bomba» contro mio figlio. Arrivata la notizia della chiusura delle indagini - con le richieste di rinvio a giudizio attese a brevissimo - è proprio questo l’unico elemento che fa davvero infuriare il Cavaliere. Perché, spiega nelle sue conversazioni private durante un lungo pomeriggio a Palazzo Grazioli, «adesso colpiscono anche la seconda generazione» pur di «infangare la mia immagine e la mia reputazione». Una cosa «inaccettabile» e che Pier Silvio «certo non merita». Lui, ripete più volte il premier ai suoi interlocutori, «è una persona per bene che si preoccupa solo di gestire al meglio le aziende e fare il suo lavoro». Invece è costretto a subire «accuse assurde».
E quanto la cosa l’abbia colpito lo si coglie anche nelle parole di Niccolò Ghedini che insiste nel sottolineare come sia «sconnesso da ogni logica e da qualsiasi realtà fattuale» estendere le accuse a Pier Silvio che «è completamente estraneo ai fatti». Evidentemente, ripete il legale del premier, «è colpevole di essere figlio di Silvio Berlusconi». E quello che Ghedini dice in chiaro è quel che il Cavaliere ripete in queste ore in privato. Tanto che pure uno solitamente prudente come Paolo Bonaiuti non nasconde un certo disappunto per quello che a Palazzo Chigi considerano una sorta di salto di qualità nell’azione della procura milanese. Perché, dice il portavoce del premier, «è la prima volta che arrivano a colpire i suoi figli». È questo, insomma, l’unico vero cruccio di Berlusconi. Che per il resto si ritrova davanti al «copione di sempre». Con tanto di elezioni alle porte, spiega ai suoi. Un elemento ormai ricorrente, tanto che il Cavaliere non nasconde la convinzione che il tutto possa ritorcersi contro «chi vorrebbe farmi cadere grazie alle procure». Perché, è il suo ragionamento, gli italiani ormai sono vaccinati e anche loro non potranno che indignarsi di fronte a quello che è solo l’ultimo di una lunga serie di affondi giudiziari. Insomma, «quasi mi fanno un regalo» ad aprire l’ennesimo fronte proprio «alla vigilia di una tornata elettorale così delicata». Un concetto su cui torna pubblicamente il ministro Bondi: «Dopo la chiusura dell’inchiesta sui diritti tv, c’è qualcuno che può ancora credere che alcuni pubblici ministeri siano interessati a celebrare la giustizia, applicare le leggi e cercare la verità?». Una domanda ovviamente retorica.
Il premier, dunque, non pare affatto preoccupato dell’impatto che la nuova inchiesta può avere sulla campagna elettorale, nonostante le urne di fine marzo siano destinate a fare da spartiacque alla legislatura. D’altra parte, in tutti i momenti in cui il Paese si è trovato a dividersi sulle vicende giudiziarie di Berlusconi al voto l’ha sempre spuntata il Cavaliere. Il disappunto, insomma, è tutto per quel «salto di qualità» che ha portato la magistratura a coinvolgere per la prima volta uno dei suoi figli. Una cosa inaccettabile, ripete nelle sue conversazioni private il presidente del Consiglio. Che ormai non usa mezze misure. «A Milano - confida a chi lo va a trovare a via del Plebiscito - c’è un’intera procura che ormai fa un solo mestiere: attacca me e la mia famiglia solo per colpire la mia immagine e indebolirmi politicamente».

Una situazione che non può andare avanti, tanto che il premier non nasconde la tentazione di «un’iniziativa forte» proprio nei confronti dei pm milanesi. Magari quel discorso agli italiani che aveva in mente prima che l’aggressione di piazza Duomo sparigliasse le carte in tavola. Un discorso per dire tutto quella che pensa di questa «persecuzione».

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