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Il retroscena E ora il Lingotto cerca il dopo-Chrysler

«Non tutto è perduto - avverte con la consueta carica di ottimismo il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola -; per la conquista di Opel c’è ancora speranza. Il progetto Fiat è industrialmente più solido. È nei prossimi sei mesi che verrà definito il vero compratore». La realtà, però, è davanti a tutti: il vecchio socio Gm ha indicato in Magna il partner ideale. E il progetto di creare entro l’estate la «SuperFiat» sognata da Luca di Montezemolo e Sergio Marchionne, subirà una battuta d’arresto. Un po’ di riflessione, dopo il frenetico rincorrersi di notizie dei giorni scorsi, a questo punto forse non guasta.
All’esterno, intanto, tra gli osservatori ci sono due linee di pensiero: la prima spinge in direzione dell’idea di costituire un megagruppo da 6-7 milioni di veicoli prodotti grazie alla fusione con Opel e all’accordo con Chrysler; la seconda, invece, si rivela più prudente. «Mettere insieme due società come Fiat e Chrysler è già difficile - commenta un osservatore - e quando si tratta di allargare l’unione a un terzo soggetto l’impresa può diventare impossibile. Penso che Marchionne nei prossimi giorni avrà il bel da fare a “digerire” l’operazione Chrysler che, a differenza di quella tedesca, procede nella giusta direzione». Da un momento all’altro, in proposito, è atteso il via libera del Tribunale della bancarotta di Manhattan alla vendita degli asset buoni di Chrysler a una società controllata inizialmente per il 20% dal Lingotto. Del resto, come ha spiegato Alfredo Altavilla (nella foto), che siederà nel board di Chrysler, al giudice di Manhattan, «Marchionne in qualità di nuovo ceo del gruppo Usa trascorrerà molto del suo tempo a Detroit». Ma c’è anche da considerare che, per ragioni logiche, l’avanti e indietro continuo tra l’Italia e gli Usa da parte dell’amministratore delegato di Torino non può essere infinito. Uno dei problemi che Marchionne non ha ancora risolto è quello degli uomini preposti al progetto SuperFiat: a parte Lucio Noto, l’ex vicepresidente di Exxon Mobil che affiancherà Altavilla nel cda americano, a lavorare al colosso mondiale dell’auto sono sempre i manager già impegnati a dirigere altre divisioni del gruppo.
Che cosa accadrà ora? Di sicuro Marchionne cercherà di far parte, da qui a 24 mesi, come ha ricordato egli stesso ieri, della cerchia dei sei aggregati che domineranno la scena. «La sua attenzione - testimonia una fonte vicina ai negoziati - è però ora tutta sugli Usa e appena arriverà l’ok del giudice, tirerà fuori dalla borsa il piano di rilancio per Chrysler, con tutti i nomi della squadra e i progetti. È questione di giorni». L’idea resta quella di portare la 500 negli Usa (entro il primo trimestre 2011), ma nel caso si decidesse di sbarcare Oltreoceano con il resto della gamma Fiat, il marchio Chrysler verrebbe fatto gradualmente «morire». Fallito l’assalto a Opel, un altro punto di domanda riguarda le attività di Gm in Argentina e Brasile. «Accaparrarsele - dice la stessa fonte - avrebbe un senso se incluse in un progetto più ampio con Opel. Resta in piedi, come affermato dallo stesso Marchionne, il discorso su Saab», che tra l’altro ha ottenuto una proroga di 3 mesi da un tribunale svedese per presentare un piano di ristrutturazione e raggiungere un accordo coi creditori. Di sicuro, nei prossimi giorni, si tornerà a parlare di Psa (i Peugeot, comunque, preferirebbero sempre ampliare le cooperazioni e, in caso, di nozze difficilmente accetterebbero di passare in secondo piano), Bmw e anche di Mercedes.

Lo spin-off? «Si farà ugualmente - osserva un analista - anche se un rallentamento dei piani è prevedibile».

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