La svolta di Umberto Bossi è arrivata improvvisa, al termine del comizio di giovedì sera a Saluzzo. Lha consegnata ai giornalisti mentre scendeva dal palco: «Berlusconi dice che per il bene del Paese bisogna andare avanti così? Se lo dice lui, che è il leader, va bene anche a noi. Non ci dimentichiamo di chi ci ha aiutato e Berlusconi ci ha assicurato i voti per il federalismo. Non accoltelliamo alla schiena. Gli daremo il voto in aula». Concetti ribaditi ieri, in mano lampolla con lacqua surgiva del Po.
La tre giorni padana servirà anche perché il popolo del Carroccio possa assorbire la novità, dopo che il Senatùr e i suoi erano apparsi i più determinati nellaccelerazione verso le elezioni anticipate. E cade opportuna anche per i colonnelli di Bossi. Qualcuno infatti sembra colto un po di sorpresa dallinversione del leader. Il governatore veneto Luca Zaia, per esempio, ha fatto pubblicare ieri sul Gazzettino una lettera aperta favorevole allimmediato ricorso alle urne: «Senza una maggioranza coesa, capace di portare a termine i progetti di riforma del Paese che i cittadini hanno chiesto, è meglio tornare a votare», ha scritto Zaia replicando a un editoriale di Paolo Pombeni contrario alle elezioni.
Con Bossi, sul palco di Saluzzo cera anche il ministro Calderoli. Che però non era stato nettamente contrario al voto, come il capo: aveva infatti proposto di non partecipare alla prima chiamata del voto di fiducia, ma soltanto alla seconda, per verificare se la maggioranza dipende solo dai finiani. E aveva pure lanciato lipotesi che Napolitano possa sciogliere soltanto la Camera. Pare addirittura che, al termine del comizio di giovedì, un collaboratore del Senatùr abbia chiesto a un operatore televisivo di rivedere la cassetta con lintervista volante a Bossi per capirla bene.
Ma quella di tenere aperti più fronti potrebbe essere una strategia del Carroccio per non precludersi nessuna possibilità. La situazione è tuttaltro che chiarita: a quali condizioni i finiani voterebbero la fiducia sui cinque punti del governo? E i leghisti sono favorevoli ad allargare la maggioranza? Ieri Bossi ha eluso questa domanda, anche con un gesto poco elegante, mentre Calderoli è stato più possibilista, fermo restando il no a «maggioranze di comodo fondate sui se, sui ma e sui però». Il ministro della Semplificazione ha fatto sua la massima dei commercianti arabi: «Prima vedere cammello, poi dare tappeto».
Cè un ulteriore aspetto finora passato in secondo piano, ma che non sfugge a un esperto di regolamenti parlamentari come Calderoli. «La costituzione di nuovi gruppi alle Camere può cambiare lassetto di molte commissioni, di cui il 5 ottobre devono essere rinnovati i presidenti.
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