I segni della frenata di Felipe Massa, sull'asfalto dello Hungaroring, con la loro intermittenza di bloccaggio-ruote, hanno subito rassicurato i telespettatori competenti sugli elevati standard tecnici raggiunti dalla Formula 1 odierna. Il pilota perfettamente protetto dalla formidabile cellula di sopravvivenza (ahi, se ci fosse stata ai miei tempi, quando simili impatti erano mortali!); il frontale, con tutte le prove di «crash» prescritte in questi ultimi anni, rimasto integro; le ruote anteriori ancora attaccate alla scocca, grazie ai cavi delle ultime aggiunte al Regolamento Tecnico (qualcosa come oltre 7.000 kg di forza di trazione); l'arrivo del collare Hans, entrato in uso nel 2003; sono tutti indici di grande progresso nella competizione. Non che gli esperti di sicurezza passiva siano del tutto soddisfatti: sanno benissimo che ancora molto resta da perfezionare. Ma almeno hanno la coscienza tranquilla sul cammino fatto e sui più recenti perfezionamenti. A voler citare tutte le cifre degli Articoli 15 e 16 (Costruzione della vettura e Prove d'impatto), ci sarebbe di che sbalordire, con cifre che sono state continuamente ritoccate nelle ultime edizioni della normativa. E ogni incidente ha fornito i suoi insegnamenti, come nell'ultimo grave caso di Kubica a Montreal 2007 e come in quello precedente di Schumacher, sempre vivo nella mente di tutti, alla frenata della Stowe a Silverstone. Lo stesso valga per le piste, con ampie vie di fuga e con barriere ben studiate.
Quando abbiamo visto la F60 di Massa, a 250 allora, rallentare, nonostante la ferita al capo di Felipe, e il movimento del suo casco nell'impatto, con una risposta delle cinture tanto superiore a quella famosa di Hakkinen in Australia 2001, è stato facile trarre delle positive conclusioni. Non vado indietro nel tempo: se solo penso alle condizioni della scocca della Ferrari dell'indimenticato Gilles Villeneuve del 1982 a Zolder, mi vengono i brividi. Gli studiosi e gli specialisti sanno come proseguire in questo difficile cammino: sarebbe ora di lasciarli lavorare, con tutto l'appoggio della Federazione internazionale, in luogo di liti e dispute economiche.
Non solo, ma gli insegnamenti della Formula 1 devono ricadere su ogni altra categoria di macchine. Vedi i citati cavi di anti-distacco delle ruote, che proprio pochi giorni prima avevano causato la morte del giovane figlio del grande John Surtees a Brands Hatch: una norma rivelatasi efficace nelle macchine di vertice (e nemmeno tanto costosa), non si capisce perché non debba estendersi anche alle più economiche monoposto propedeutiche.
Certo, contro l'imponderabile bisogna arrendersi; eppure, questo imponderabile non è mai stato tale al cento per cento, nemmeno nel memorabile caso di Tom Pryce a Kyalami 1977, con il famoso estintore nelle mani di un commissario. Figurarsi oggi, che sono possibili attenzioni e controlli minuziosi. Fra i vari argomenti di riflessione c'è anche la risposta agli inconvenienti tecnici. Una macchina che perde un'ala deve richiamare severe sanzioni per il costruttore. Lo stesso dicasi per la rottura di una sospensione posteriore, con perdita di molla e altre parti. Che senso ha un accanimento feroce, come negli ultimi mesi, verso la riduzione dei costi, in presenza di macchine così complesse e sofisticate? La sicurezza è costosa in tutte le sue espressioni, anche nelle fasi di montaggio.
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