Il retroscena Ma dal Quirinale nessun giudizio politico

OBBLIGO Napolitano non ha potuto «restare indifferente dinanzi a dubbi di irragionevolezza»

RomaDue settimane d’attesa. Quindici giorni nel freezer del Quirinale che sono serviti per superare senza polemiche il G8 e a far sbollire gli animi. Adesso la legge sulla sicurezza è rigida come una bistecca congelata: è utile e nutriente ma non molto buona. Anzi, si è sfogato Giorgio Napolitano con i suoi collaboratori, «è un pasticcio» ma è necessario. Per rendere il pacchetto digeribile, cioè applicabile, bisogna che il governo la passi un po’ in padella, rosolando bene gli articoli che riguardano le ronde e le espulsioni, eliminando così quelle «perplessità tecniche» segnalate in cinque pagine dal capo dello Stato.
Tecniche e non politiche, come si affretta a spiegare lo stesso Napolitano nella lettera che ha spedito a Berlusconi, Alfano e Maroni, «perché non spetta al presidente della Repubblica pronunciarsi e intervenire sull’indirizzo e sui contenuti di una legge approvata dal Parlamento». Tanto più che non esistono profili di incostituzionalità: nemmeno l’opposizione, fanno notare sul Colle, durante il lungo dibattito, ha mai sollevato problemi del genere. Però il capo dello Stato «non può restare indifferente dinanzi a dubbi di irragionevolezza e sostenibilità» di alcuni parti del ddl, notate peraltro a suo tempo, dicono sul Colle, anche dallo speciale Comitato di legislazione della Camera, un organo bipartisan di controllo sulla qualità delle norme prodotte. D’ora in avanti, ammonisce, basta con le leggi «eterogenee e frutto di concitazione».
Articoli che si contraddicono, paragrafi confusi, disposizioni difficilmente applicabili. Questi, in sostanza, i problemi del pacchetto sicurezza. Con un po’ più di attenzione, scrive Napolitano, si sarebbero potuti evitare «alcuni aspetti paradossali». Un esempio. Si è voluto inasprire il controllo sull’immigrazione, però adesso potrà succedere che gli exracomunitari espulsi non verranno puniti se rientreranno in Italia. Prima, in questi casi per i clandestini recidivi era prevista «la reclusione da uno a cinque anni», ora «solo con un’ammenda». Altro che giro di vite. Un altro esempio fatto dal presidente, l’articolo 1 comma 11, «che introduce una fattispecie di tipo concessorio per l’acquisto della cittadinanza da parte di chi è straniero e contrae matrimonio con chi è italiano». Questa norma, sottolinea Napolitano, «non individua i criteri in base ai quali la concessione è data o negata e affida qualsiasi determinazione alla più ampia discrezionalità degli organi competenti».
Un altro capitolo aperto è quello che riguarda le ronde. Qui, dal punto di vista del Colle, c’è molto da lavorare. Napolitano ha più volte manifestato a Berlusconi e ai suoi ministri le sue «perplessità» di merito e di applicazione e ha sempre avuto ampie rassicurazioni. Ora torna sull’argomento perché «la modalità della collaborazione dei sindaci con associazioni tra cittadini per segnalare fatti che possono arrecare danno alla sicurezza urbana o disagio sociale» non è affidata alla legge, ma «un successivo decreto del ministro dell’Interno».


Questo e altro nella lettera del Colle, che non è una novità, visto che l’ha già fatto con il governo Prodi, e nemmeno una bocciatura, visto che il pacchetto è stato promulgato, ma «un invito a fare meglio». Alfano fa «tesoro della lettera ampia e articolata, ricca di aspetti interessanti». E Maroni telefona al Quirinale per «esprimere soddisfazione» e «ringraziare Napolitano».

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