Se i piani attribuiti alle quaranta persone - tra cui 14 alti ufficiali delle tre armi - arrestate ieri con l’imputazione di preparare un colpo di Stato si fossero realizzati, sarebbe stata la quinta presa di potere da parte delle forze armate turche in 50 anni, dopo quelle del 1960, del 1971, del 1980 e del 1997. In tutti questi casi, i militari erano intervenuti per difendere l’eredità khemalista contro le mene dei politici. Tuttavia, è lecito dubitare che, in questo ultimo caso, la minaccia fosse veramente consistente, perché nessuno degli arrestati occupava più posizioni chiave nella gerarchia militare.
I fermi di ieri sembrano piuttosto l’ultimo capitolo della faida che da sempre contrappone il governo del premier Erdogan alle forze laiche e nazionaliste - fortemente rappresentate nelle Forze armate - che cercano di contrastare la lenta deriva islamista della Turchia, iniziata con la conquista del potere da parte del partito Akp. Nell’atto di accusa, gli arrestati vengono infatti esplicitamente collegati all’inchiesta su Ergenekon, una presunta organizzazione segreta nel mirino della Giustizia fin dal 2008, che ha portato finora in prigione - in tre riprese - oltre trecento tra militari, intellettuali, giornalisti e perfino magistrati sotto l’accusa di complottare contro l’ordine democratico. Il processo, iniziato un anno e mezzo fa con una requisitoria piena di contraddizioni e lacune di ben 2.455 pagine, si trascina da allora senza arrivare a conclusione, alimentando il sospetto che la vicenda sia in realtà una colossale montatura per indebolire l’opposizione khemalista, minare la credibilità delle Forze armate e consolidare l’egemonia dell’Akp. Autorevoli osservatori stranieri hanno denunciato a più riprese le anomalie del caso, viziato da arresti arbitrari, intercettazioni illegali, pesanti intimidazioni e da innumerevoli «rivelazioni» della stampa filogovernativa, che ha via via attribuito alla fantomatica Ergenekon quasi tutti i delitti politici commessi in Turchia negli ultimi anni (compreso l’assassinio di padre Andrea Santoro) e legami con ogni sorta di organizzazioni eversive di destra e di sinistra. I due principali arrestati di ieri, l’ex comandante dell’aviazione Ibrahim Firtina e l’ammiraglio Ozden Ornek (già sospettato di avere ordito un complotto nel 2004), erano del resto stati convocati dal Procuratore generale nel quadro dell’inchiesta Ergenekon neppure un mese fa e perciò dovevano essere da tempo sotto sorveglianza.
Qualunque sia il fondamento delle accuse, gli arresti sono arrivati in un momento in cui le tensioni tra il governo e le Forze armate, sempre latenti, sono tornate ad acuirsi. L’esistenza del piano «Martello» è stata rivelata già un mese fa da un piccolo giornale indipendente, chiamato Taraf, che asserì di averlo scovato tra 5.000 pagine di documenti militari giunti in suo possesso. Il Capo di Stato maggiore generale Basbug ha replicato che si trattava solo di un esercizio di simulazione e che mai e poi mai l’esercito avrebbe - come recita l’accusa - lanciato bombe su una moschea o abbattuto un aereo turco per fomentare il caos. Ma, il 4 febbraio, il governo ha reagito abrogando una vecchia e controversa norma che autorizzava le Forze armate a prendere autonomamente il controllo di una provincia, se ritenevano che legge e ordine fossero minacciati. Basbug ha dato il suo consenso, ma molti altri militari non l’hanno presa bene.
Se la denuncia del nuovo presunto complotto consoliderà ulteriormente il potere di Erdogan e del suo partito islamico moderato rimane da vedere. LAkp ha conseguito nelle ultime elezioni la maggioranza assoluta, ha eletto nella persona di Gul un suo capo dello Stato e ha respinto un tentativo del Procuratore della Corte Suprema di metterlo fuori legge.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.