Il ricatto dei futuristi: la testa di La Russa in cambio della pace

Messaggio indirizzato a Palazzo Chigi: "Scarichi il coordinatore e non ascolti falchi come Feltri, Sallusti e Santanchè"

Il ricatto dei futuristi: la testa di La Russa in cambio della pace

Roma - Forte del riconoscimento della «terza gamba», Fini ora mostra i muscoli e detta le sue condizioni. In primis, confidano ben due anonimi finiani, la testa di La Russa. Non è un mistero, infatti, che il presidente della Camera abbia il dente avvelenato con il suo ex colonnello, ora passato «agli ordini di un altro generale». Dimostrato alla Camera che il governo è obbligato a fare i conti con i futuristi, pare che sia già partito un pizzino diretto a palazzo Chigi il cui messaggio è il seguente: «Berlusconi scarichi La Russa e segua la linea delle colombe e noi faremo i bravi. Altrimenti...». Fini non può tirare troppo la corda perché, se si strappa, si andrebbe diritti al voto e le urne per ora restano l’incubo. Ma politicamente Fini è in una posizione di forza: in quasi tutte le commissioni il Fli è in grado di mettere i bastoni tra le ruote alla maggioranza, sebbene il moderato Pasquale Viespoli assicuri in Senato che «saremo leali e non puntiamo al logoramento del governo ma al condizionamento positivo della sua azione». Di fatto, però, i finiani avanzano le loro richieste: «Ci devono trattare come la Lega. Il Cavaliere capisca che gli conviene seguire i consigli di Ferrara, Letta, Alfano e di tanti altri che gli dicono di discutere con noi piuttosto che seguire i suggerimenti dei suoi falchi». E chi sarebbero i rapaci pidiellini? «Secondo noi Feltri, Sallusti, Santanchè e La Russa». Ritorna il nome del ministro della Difesa colpevole, agli occhi dei futuristi, di aver fatto prendere delle «cantonate» al premier: «Chi lo convinse che non avremmo avuto i numeri per fare i gruppi? Chi lo ha portato alla suicida conta del 316?». L’astio per i berluscones si gonfia nei confronti di La Russa considerato un pezzo d’argenteria di famiglia che ha scelto il salotto di Arcore.

Nell’attesa che Berlusconi firmi la pace armata, Fini lavora anche al partito e sul tavolo ha già pronti due o tre simboli. Le tappe sono decise: martedì, nella sede di FareFuturo, si riunirà il comitato promotore composto da tutti i parlamentari ed europarlamentari del Fli, soci fondatori. Sarà una sorta di «girino» destinato a crescere e diventare «ranocchio». La seconda tappa è prevista per il 6 novembre a Perugia, in una sorta di precongresso: «Lì lanceremo il nostro manifesto politico-culturale», assicura Carmelo Briguglio. Poi, in gennaio, il vero e proprio congresso fondativo. L’idea è quella di far coincidere la data con il 27 gennaio, anniversario della svolta aennina di Fiuggi del 1995. Ma anche le date potrebbero subire cambiamenti a seconda della situazione politica: qualora i rapporti col Pdl dovessero migliorare e la legislatura proseguire verso la sua naturale scadenza, non è detto che il ruolino di marcia possa subire un rallentamento. Anche se, negli ambienti finiani, ci si crede poco.
È ancora presto per capire come saranno gli organigrammi di partito in pole come coordinatore resta Adolfo Urso.

Per ora, visto che Fini resta saldo al primo piano di Montecitorio ma, se le cose dovessero precipitare, allora si metterebbe direttamente lui alla guida del partito. «Farlo ora? Decisamente no. Sarebbe visto come gesto ostile nei confronti di Berlusconi, nonostante voi del Giornale continuiate a chiederne le dimissioni».

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