Riccò corre veloce verso la radiazione

Riccardo Riccò corre, ma verso la radiazione. E pensare che il modenese era convinto di poter tornare a gareggiare da lunedì prossimo, al Giro della Serbia, con una squadra di terza divisione, la Meridiana, con la quale aveva firmato un contratto il 1° giugno scorso.
Invece, dopo la firma con la formazione di matrice campana e licenza croata diretta da Giallorenzo, e il conseguente bene placido giunto dall’Uci, l’organizzazione mondiale della bicicletta, prima è arrivata la sospensione da parte della Federciclismo (Commissione Tutela della Salute, presieduta dal dottor Luigi Simonetto, per motivi inerenti alla tutela della salute dell’atleta), ieri lo stop «urbi et orbi» anche dal Tribunale nazionale antidoping (TNA) che ha deciso di sospendere il corridore modenese in via precauzionale da ogni attività sportiva, sia in Italia che all’estero, «per violazione della normativa antidoping», come da richiesta della Procura Coni. Decisione pesante, che prefigura il più cupo degli scenari per il ciclista di Formigine: la radiazione.
Perché si è aspettato così tanto tempo? Perché la posizione di Riccò è rimasta aperta fino ad oggi? Semplicemente perché al Tna (Tribunale nazionale antidoping), il procuratore Torri si è rivolto solo dopo aver esaminato la documentazione inviatagli dal pm di Modena, che indaga su quanto accaduto il 6 febbraio, quando Riccò fu ricoverato in pericolo di vita. In quell’occasione, il ciclista giunse in condizioni molto critiche al pronto soccorso di Pavullo e raccontò di essersi «sottoposto ad un’autotrasfusione col sangue che conservava nel frigo da 25 giorni», come riporta il referto del medico che lo accolse. Ripresosi dal blocco renale e dall’embolia polmonare che l’aveva colpito, Riccò in seguito smentì quella versione, ribadita invece dal medico al magistrato. «Non è assolutamente vero che io abbia detto di essermi sottoposto ad un’autotrasfusione - ha commentato successivamente il corridore -. Se ero in fin di vita, come potevo parlare con il medico? Come avrei potuto fargli questa confessione?».
Solo l’8 giugno scorso sono arrivate dalla Procura della Repubblica di Modena le carte riguardanti il «caso Riccò» che il capo della Procura Antidoping del Coni Ettore Torri ha potuto esaminare. Solo dopo aver valutato con attenzione la situazione ha inoltrato la richiesta di sospensione, «motivata dalla presenza di elementi di responsabilità per violazione della normativa antidoping in ordine all’uso o tentato uso dei metodi proibiti».
È bene ricordare che Riccardo Riccò ha già scontato 20 mesi di squalifica per la positività al Cera durante il Tour 2008, corsa nella quale vinse anche due tappe. Tornato alle competizioni nel marzo dello scorso anno indossando la maglia della Ceramica Flaminia, quest’anno era passato alla Vacansoleil, formazione belga di prima fascia.

In seguito al malore e alle rivelazioni fatte dal medico di Pavullo, il team belga aveva deciso di licenziare in tronco il corridore. Se il modenese dovesse essere riconosciuto recidivo, in base alle nuove norme varate quest’anno dalla Federazione ciclistica, la sua carriera nel mondo del ciclismo si potrà considerare a tutti gli effetti conclusa.

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