L'articolo della domenica

Ricchi di qualità ma poveri di volontà

Tutti desideria­mo uno sviluppo economico che metta fine alla disoccupazione giovanile e che ci consenta di aumentare il reddito, le pensioni, eliminare la povertà. Ma in Italia non si può fare come in India, Cina, Brasile...

Ricchi di qualità ma poveri di volontà

I simboli dello sviluppo economico e dell’ar­ricchimento dei nuovi Paesi emergenti, In­dia, Cina, Indonesia, Brasile e Paesi arabi, sono le costruzioni ciclopiche, le autostrade, i bacini idrici, la selva di grattacieli, le fabbriche smisu­rate. Ma in Italia non possiamo avere questo ti­po di sviluppo economico perché tali opere ci­clopiche sono possibili solo in territori immen­si. Nel nostro Paese altererebbero in modo irre­parabile il delicato paesaggio, le antiche città, il patrimonio artistico.

Anche il ponte sullo Stret­to di Messina ha ricevuto delle obiezioni pro­prio per questo motivo. Eppure tutti desideria­mo uno sviluppo economico che metta fine alla disoccupazione giovanile e che ci consenta di aumentare il reddito, le pensioni, di eliminare il degrado, la povertà diffusi nel nostro Paese. Ma dobbiamo riuscire a farlo senza costruire im­mensi grattacieli, centrali atomiche, nuove reti di autostrade, porti turistici per migliaia di bar­che. E come? Puntando sulla raffinatezza, la qualità, il gusto, producendo quello che gli altri non sanno fare o che noi facciamo meglio di lo­ro, fornendo prodotti e servizi per il pubblico più ricco, più colto e più esigente del mondo. In questi anni di crisi, abbiamo avuto successo proprio nel campo dei prodotti di lusso, nel­l’agroalimentare di alta qualità, nei settori ad al­ta tecnologia e in quello che, con una espressio­ne sintetica, viene chiamato il made in Italy. È questa la direzione da seguire. E dovremmo cu­rare nello stesso modo e con lo stesso spirito le nostre città, rimediando al dissesto idrogeologi­co, restaurando e rendendo adatte alla vita di og­gi le nostre bellissime case storiche, i deliziosi villaggi marini, tutto ciò che ci ha lasciato la no­stra storia, e salvando e ricostruendo a ogni co­sto quanto va perso per l’incuria e i terremoti.

L’Italia tutta va trattata come dovremmo tratta­re Venezia e Firenze. Ma per realizzare questo obbiettivo occorre una volontà politica, un pro­gramma pluriennale di investimenti nel cam­po della ricerca scientifica, dello sviluppo tecno­lo­gico e dell’alta formazione per le nostre eccel­lenze, con lo scopo di diventare un modello uni­co per tutto il mondo.

È questa la «crescita» che dobbiamo avere in mente, che dobbiamo vole­re a ogni costo, cambiando anche la nostra men­talità burocratica arraffona, bizantina, mobili­tandoci tutti al nord come al sud perché è l’uni­ca strada, difficile ma possibile.

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