Ricco, umile, geniale L’uomo che ha creato il piano salva-Europa

Myners è «ministro della City» dopo enormi successi in Borsa. Si dice che ora lavori gratis

È stato zitto. Paul Myners ha fatto godere gli altri, per ora. È l’uomo che aveva un piano, l’ha attuato e oggi, grazie ai suoi primi dieci giorni da ministro della City, tutti applaudono al miracolo britannico, l’economia salvata dall’intrepido «Winston Brown», le Borse che di nuovo respirano.
In questi giorni di trionfo la sua voce non si è sentita. Si è sentita, forte, quella di Gordon Brown. E quella soddisfatta di Alistair Darling: il cancelliere dello scacchiere si è fatto vedere all’alba ad annunciare il piano di salvataggio delle finanze britanniche. Volto provato dalle trattative notturne, si era detto. Ma quella notte fatidica il cancelliere ha lasciato il ministero del Tesoro alle due meno un quarto. Il primo ministro Brown se n’è andato verso le dieci.
Quella notte Paul Myners non è andato a dormire: è toccato a lui definire i dettagli, clausole note virgole numerini, ogni particolare del maxi piano, perché fosse perfetto. Avrebbe avuto molto da dire, ma è rimasto in silenzio. È una sua strategia: l’Independent ha raccontato che, durante le riunioni, spesso non fiata per ore. «Scarabocchia appunti, non dice una parola. Poi, all’improvviso, interviene ed è affilato come un laser». Myners si è costruito tanta fama con gli anni: al governo è arrivato da presidente di Land Securities Group e di Glg Partners, uno degli hedge fund più famosi al mondo. Di recente è stato presidente di Marks&Spencer, della Tate Gallery e del gruppo Guardian e parte della cerchia dei direttori della Bank of England.
Tutti ruoli non più compatibili con il ministero. Soprattutto quello a Glg, un fondo che, fino a poco tempo fa, ha garantito guadagni milionari grazie alle vendite allo scoperto. La pratica allora era legittima, ma l’indignazione degli avversari ha trovato subito l’appiglio: «L’ipocrisia di Brown non conosce confini», come dire che il comandante è quello che ha contribuito ad affossare la nave. Myners, zitto. Non perché sia paziente (ha raccolto una fortuna di 50 milioni nella City, poi a 50 anni ha rivoltato la sua vita: nuova moglie, nuovi lavori, una collezione d’arte invidiabile, amicizie influenti e sofisticate), non perché voglia fingersi dimesso.
È umile davvero: abbandonato dalla mamma appena nato, cresciuto in un orfanotrofio in Cornovaglia, adottato a tre anni da un macellaio e una parrucchiera. «Mia madre era metodista, aveva dei valori morali e sociali elevati». Umile di quelli seri. Una borsa di studio, il primo lavoro nella redazione finanziaria del Telegraph, poi l’impiego alla Rothschild e la scalata nel mondo finanziario. Su quel terreno, e su quello dell’arte, non teme nessuno. «Sono sempre attento a quello che dico. La mia reputazione è la precisione». Gira con borse di plastica strapiene di fogli, si stampa tutte le email che riceve e poi ci scrive sopra le sue annotazioni, seduto in automobile, che è il suo ufficio vero (anche se ne ha uno a Chelsea). Ma a lui piace così, ogni tanto può prendersi una boccata d’aria dal finestrino. Durante le riunioni fa pause di cinque minuti per fumarsi il sigaro, telefona, macina.

Pare che abbia un senso dell’umorismo un po’ maliziosetto. Gli servirà per mediare fra politica e business, la sua nuova sfida, a 60 anni. Ministro della City, all’epoca della grande crisi. E dicono pure che lo faccia gratis.

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