La ricetta di Tremonti: «Incentivi a chi fa squadra»

SOSTEGNO Il ministro al convegno di Assolombarda: «Chi rinuncia all’individualismo e si consorzia in un distretto avrà un bonus»

«A come aggregazione, D come distretti»: la ricetta di Giulio Tremonti per le piccole imprese è basata sull’unione che fa la forza e si merita gli incentivi del governo. «Se si rinuncia all’individualismo e si fa un protocollo comune fra associazioni, imprese e distretti, è dovere del governo mettere un incentivo». Che si aggiungerà agli interventi già fatti, ha ricordato il ministro dell’Economia - subito dopo l’incontro con il consiglio direttivo di Assolombarda - a sostegno del capitale delle imprese: «Abbiamo già detassato l’apporto del capitale netto e anche lo scudo fiscale è stato fatto anche e soprattutto per la patrimonializzazione delle imprese, perché conservino i capannoni e la manodopera».
Nell’alfabeto anticrisi non c’è invece la B di banche: perché, come ha sottolineato il ministro, il sistema bancario italiano è troppo asimmetrico e troppo distante dal territorio. Bastano due numeri per descrivere la situazione: «Il 95% del Pil è prodotto da imprese con meno di 15 addetti, mentre il 30% del mercato bancario è monopolizzato da due istituti». Non li nomina, ma il riferimento a Intesa Sanpaolo e Unicredit è inequivocabile. Al contrario, Giulio Tremonti plaude alle banche piccole, che hanno un miglior rapporto col territorio e «stanno facendo molto bene».
D’altra parte, per le banche bisogna passare necessariamente, dato che nel sistema europeo - ha richiamato il ministro - il governo non può dare soldi alle imprese: anche se ci sarebbero i finanziamenti della Sace al mondo imprenditoriale ma, ha ammesso il responsabile dell’Economia, questo è un canale che non funziona bene e va migliorato. E la T di Tremonti-Bond (o meglio dei bond governativi, come ha precisato il ministro)? «Li hanno chiesti le banche, sono stati disegnati in tutta Europa, fino a settembre tutti li volevano e poi qualcosa è cambiato, anche se molti istituti li hanno comunque utilizzati. Comunque non dovevano servire alle banche, ma alle imprese: sarebbero stati 200mila miliardi di vecchie lire a loro disposizione - ricorda Tremonti - certo, se ci fossero ancora le Bin (Banche di interesse nazionale, ndr) magari avrebbero fatto diversamente». Un granello di incenso bruciato nostalgicamente sull’altare del sistema creditizio italiano ante privatizzazioni, i cui tre pilastri - Banca commerciale italiana, Banco di Roma e Credito italiano, le grandi banche pubbliche controllate dal Tesoro - erano appunto le Bin. Contrapposte ai giganti del credito privato, che ai bond governativi hanno detto no. E da lì, il ministro prende spunto per allargare il discorso alle privatizzazioni più in generale.

«Avete voluto il libero mercato? Avete voluto spacchettare Enel? Ne vedete i risultati in bolletta: fantastici. Avete voluto privatizzare Telecom? Ecco i risultati. Autostrade? Vi do l’indirizzo: rivolgetevi agli ingegneri dell’industria e della finanza».

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