Ricordi di un duca: «Vi racconto i tesori della mia Milano»

«I milanesi sembra che siano persone qualsiasi: poi scopri invece che sono grandi dirigenti o hanno ruoli davvero importanti. È gente solida, che ama vivere senza ostentazioni». Così esordisce il duca Amedeo d’Aosta, classe '43, nato a Firenze, membro di Casa Savoia ed imprenditore. In effetti il low profile è cio’ che ha caratterizzato tutta la sua vita ed anche se la Repubblica Italiana non riconosce effetti giuridici ai titoli nobiliari, Amedeo rimane il quinto duca d’Aosta, principe della Cisterna e di Belriguardo, marchese di Voghera e conte di Ponderano. La nota diatriba con Vittorio Emanuele di Savoia nacque dal fatto che quest’ultimo contestò ad Amedeo il titolo di Duca di Savoia, legato alla questione dinastica. Amedeo, che è sposato con Silvia Paternò di Spedalotto, ha avuto 3 figli dalla sua prima moglie Claudia d’Orleans e un’altra figlia , fuori dal matrimonio, con una nobildonna di origine olandese Chiara Van Ellinkhuizen.
Duca, il suo primo ricordo di Milano?
«Sono stato per la prima volta a Milano nel ’48: avevo 5 anni. Tornavamo dall’esilio: arrivavamo dalla Svizzera e passammo il confine in treno a Domodossola. Lì scendemmo tutti dal treno perché mia madre voleva un caffè e degli spaghetti: venivamo dai campi di concentramento, per cui non vedeva né spaghetti né altro da tempo, credo! Poi prendemmo un altro treno e venimmo a Milano. Ecco, questo è il mio primo ricordo».
Negli anni seguenti ha alimentato il rapporto con il capoluogo lombardo?
«Ho sempre frequentato molto Milano: per motivi di lavoro o per le amicizie che avevamo. Mio nonno Emanuele Filiberto, Comandante della Terza Armata, andava a Milano molto spesso. Si fermava sempre all’Hotel Gallia e quindi, non a caso, la piazza fu intitolata a lui: piazza Duca d’Aosta. Che poi, per il periodo della Repubblica di Salò, si chiamò piazza Andrea Doria. Negli anni, sono tornato spesso al Gallia: mi ricordo ancora la piazza quando non c’era il grattacielo Pirelli. In una delle visite milanesi della mia infanzia, mia madre mi portò a vedere il Cenacolo, che per un bambino è molto impressionante: mi dovettero spiegare cosa era, perché non capivo bene di cosa si trattava. Ricordo poi che alla fine degli anni ’50, quando fu terminata la costruzione del grattacielo Pirelli, andrai a trovare il senatore Pirelli che aveva l’ufficio all’ultimo piano del grattacielo e, nei miei ricordi di bambino, mi colpì soprattutto la sua tosse terribile. Lui era un uomo importante eppure molto semplice ed affabile».
E dall’ultimo piano del grattacielo Pirelli quale visione aveva di Milano?
«Milano era ed è una città che funziona: una città europea, molto evoluta. Venendo da fuori si apprezza ancora di più. Per chi ci abita forse ha dei difetti: i ritardi dei trasporti, lo smog. Ma io, non essendo milanese, non ho molte critiche da fare a questa città!»
Lei invece abita in un piccolo centro vicino ad Arezzo. Non ama la vita cittadina?
«Vede, noi Savoia-Aosta, abbiamo vissuto molto tempo in Africa: mio zio Amedeo è stato viceré di Etiopia, il Duca degli Abruzzi, e terminata la carriera in Marina, si trasferì in Somalia dove creò una delle più grandi aziende agricole: 25mila ettari di coltivazioni intensive, villaggi, piccole fabbriche per la lavorazione di canna da zucchero. Ecco perché ci sentiamo un po’ degli italiani d’Africa. Io stesso sono nato in campagna ed ho vissuto sempre tra i contadini godendo di una certa saggezza di questa terra, che di fondo è il tessuto base della nostra penisola: la campagna porta ad un certo modo di vita che socialmente è molto solido e concreto. La vita in campagna magari non è evoluta come nelle grandi città, ma molto solida dal punto di vista della famiglia, dei rapporti umani e del contatto con la natura, che invece manca alla città. A Milano però c’è molto verde e si vive molto bene a mio parere: bambini ed animali hanno modo di giocare tranquillamente nei suoi parchi e giardini. Inoltre i cortili ed i giardini nascosti dentro i palazzi sono veramente bellissimi».
Anche lei è immerso nel verde ad Arezzo...
«Io vivo in mezzo alla vegetazione e abbiamo un giardino intorno a casa con tanti animali: cani, gatti, pecore, capre ed anche uno struzzo. Al mattino mi alzo molto presto, e di solito rispondo alle molte lettere che ricevo. Il pomeriggio invece, quando sono libero, lo dedico alle passeggiate nei dintorni… ecco un altro vantaggio della campagna!»
Tornando a Milano: apprezza il sindaco Letizia Moratti?
«Letizia Moratti è un’imprenditrice: alla Rai ha ridimensionato molte cose ed è una persona veramente solida e preparata. Inoltre è meno “politica” di molti altri sindaci e vedo che sta costruendo, sta facendo molto per la città . Poi ovviamente, vivendo in una democrazia, le critiche possono arrivare: comunque io ne penso molto bene».
Lei chi vota politicamente in Italia?
«Se mi permette non lo dico questo. In quanto dicendolo deluderei molte persone e ne sorprenderei altre. In questo momento in politica le tinte sono troppo accese. Giudico positivamente il governo di Silvio Berlusconi, ha fatto diverse cose ma ugualmente ha ricevuto delle critiche gratuite. Anche lui, come Prodi, non provenendo dal mondo politico, da un lato è stato accolto bene in quanto elemento d’innovazione, dall’altro meno perché ha creato delle reticenze».
Lei è cugino primo della Regina di Spagna Sofia, nata Principessa reale di Grecia. Il figlio Felipe non ha sposato una nobile, ma una giornalista, Letizia Ortiz. Cosa ne pensa di questo tipo di matrimoni?
«Io penso che sia una cosa molto utile in quanto unisce due tipi di mentalità diverse che possono essere molto costruttive. Tutti dicono: il principe che sposa una “borghese”. A me pare una brutta espressione: non è assolutamente né vietato, né non consentito. L’unica cosa necessaria in tutte le famiglie Reali è l’assenso del capofamiglia: così è in Giordania, in Spagna o in altri Paesi dove c’è la Monarchia».
Lei ha avuto 3 figli dalla sua prima moglie Claudia d’Orleans: Bianca, Aimone, e Mafalda; poi un’altra figlia , fuori dal matrimonio, con una nobildonna di origine olandese Chiara Van Ellinkhuizen. Che rapporti ha con la madre della bambina?
«Ora buoni. Anche se in passato ci sono stati un po’ di attriti. La bambina è molto carina, è nata con la sindrome di Down, ma per fortuna ha dei genitori che possono provvedere a sollevare qualunque problema lei abbia o avrà in futuro. E poi in Italia ci sono delle ottime leggi per i bambini che soffrono di qualche disabilità, come ad esempio la possibilità di avere un’insegnante di sostegno. Per cui anche su questo sono tranquillo».


Milano è divisa in classi sociali secondo lei?
«La Milano che conosco è caratterizzata da una solidissima borghesia di persone che vivono con un basso profilo: è gente che lavora, che produce e che non ama sbandierare ciò che fa».

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