Riffe per lo stipendio ai supplenti I presidi: "Scuole in bancarotta"

Sempre più istituti sono costretti a chiedere contributi volontari ai genitori Si organizzano anche mercatini di libri e lotterie. Da Roma fondi fermi

In principio era il sapone per il bagno, i fazzoletti di carta per il raffreddore, i bicchierini di plastica per bere, le risme di fogli (anche usati) per disegnare. Poi si è allargato il tiro alle fotocopie, si sono cercati «genitori volontari» per rimediare tovaglie nuove per la mensa, mamme di buoncuore per i lavaggi settimanali e mensili dell'arredo scolastico. Adesso alle famiglie tocca pagare pure i supplenti. Le scuole sono al collasso. Soldi in arrivo non se ne vedono e i dirigenti scolastici per pagare i precari sono costretti a utilizzare il fondo cassa del proprio istituto. Soldi destinati ad altre attività, come quelli per le gite, per bandi e progetti per migliorare la didattica, ma anche soldi raccolti attraverso lotterie scolastiche, mercatini di Natale, vendita di uova di Pasqua. Tutto per far fronte a quella voragine, creata dai crediti mai saldati dal ministero dal 2006 e che va sotto la voce di «supplenze», appunto. L'appello per le scuole in bancarotta è stato lanciato anche dalla Cisl lombardia che qualche giorno fa ha chiesto al direttore regionale Anna Maria Dominici un incontro per cercare una soluzione.
Ammanchi fino a 500mila euro
«A cinque mesi dalla chiusura delle scuole mancano i finanziamenti necessari per pagare i supplenti e ora sono a rischio anche i pagamenti dei commissari per gli esami di Stato - spiega il coordinatore regionale dei dirigenti scolastici, Giuseppe Biati -. Le scuole sono al tracollo e molti istituti bancari con i quali avevano stipulato accordi, non rinnovano le convenzioni. Chi ha pochi crediti arriva fino a 90mila euro. Così i soldi del fondo d'Istituto, quelli destinati alle attività extrascolastiche e quelli che i genitori versano per le gite, per il diritto allo studio o che raccolgono attraverso lotterie e mercatini finiscono nel calderone delle supplenze. Le scuole sono costrette a tassare le famiglie per andare avanti, a esigere contributi volontari per pagare l'Enel o la carta igienica. Ma la coperta è sempre troppo corta».
Non si parla di bruscolini, ma di medie che si aggirano attorno ai centomila euro per scuola con punte di 500mila.
«Il problema è drammatico - conferma Anna Sandi, dirigente dell'Istituto comprensivo di via Vespri Siciliani, 800 alunni distribuiti su due elementari e una materna -. Ho un cumulo di crediti che supera i 130mila euro. Sto dando fondo alla cassa per pagare i supplenti, ma così non riusciamo ad andare avanti. Cosa faccio? Non uso più le compresenze per fini didattici, ma solo per supplire agli assenti e quando manca un insegnante sono costretta a dividere i bambini su varie classi, anche se questo non si potrebbe fare. Una volta ho riunito tre classi in palestra, tutti a vedere un film». Il problema è sentito di più per le materne e elementari perché con i bambini piccoli la necessità di controllo è maggiore. «Non posso lasciare bambini di 5 anni incustoditi - continua la preside -. Ma non posso neppure chiamare un supplente e dirgli che lo pagherò fra tre anni. Esiste anche il sacrosanto diritto alla retribuzione. Se non verremo aiutati saremo costretti a prendere misure estreme, anche sospendere il servizio».
Pagano i genitori
Altra scuola, altra voragine: al comprensivo di via Scialoia 700 studenti per due materne, una scuola primaria e una media il «buco» ha raggiunto i 180mila euro. Racconta la dirigente Ida Morello: «Per la scuola primaria chiamo il supplente solo se l'assenza è superiore ai cinque giorni, per le medie solo se è oltre ai 15. Prima di acquistare qualcosa ci pensiamo dieci volte. Il tutto a scapito dell'offerta formativa, è ovvio. I pc sono vecchissimi, ma non possiamo cambiarli, per il laboratorio di musica si sono fatti avanti i genitori, che raccogliendo contributi volontari sono riusciti ad acquistare qualche strumento musicale. Ma noi siamo in una zona ad alto processo migratorio, dove le famiglie fanno fatica anche a sborsare contributi minimi. E poi questa è la scuola dell'obbligo non si può farla pagare alle famiglie». I genitori, per fortuna. «Perché spesso è grazie a loro - continua la preside - che si racimola qualche soldo: lotterie, vendita di libri usati, mercatini, i comitati di madri e padri si ingegnano per aiutare le casse desolatamente vuote». «Noi vantiamo un credito di 200mila euro - racconta Lorena Peccolo, dirigente all'istituto comprensivo di Vimodrone -. È una situazione imbarazzante e tragica: ogni anno dirotto tutto il fondo di istituto per pagare i supplenti. Quando i soldi non ci sono taglio. Un esempio? Non pago la mensa per i docenti dal 2002. Così a mia volta ho accumulato un debito nei confronti del Comune di oltre 30mila euro. Noi siamo fortunati: l'amministrazione comunale è molto attenta alla politica scolastica e ci sovvenziona tutti i progetti di qualità e le attività extrascolastiche». E c'è chi con poche decine di migliaia di euro a credito può dirsi fortunato. È il caso di Aldo Acquati, dirigente del comprensivo Italo Calvino e presidente dell'Asam, un'associazione di categoria. «Siamo aiutati dai genitori, che racimolano sempre piccoli tesoretti». Cosa succederà ora? «Noi denunciamo da anni una situazione critica nelle scuole. Il problema è che il ministero ha azzerato i trasferimenti dei fondi negli istituti, e questi non sono più in grado di fare bilanci. Dal prossimo anno saremo al paradosso.

Perché con i tagli di organici i primi a essere fatti fuori saranno i precari, quelli che fanno le supplenze annuali. Si dovrà ricorrere a quelle brevi, ma per queste non ci sono soldi. Un circolo vizioso, senza uscite».

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