Politica

Rifiuti, i commissari e il gioco dell’oca

Dal '94 in sette hanno cercato una soluzione. Ma ogni decisione è un ritorno al passato. Cronache di ordinario degrado. Un cittadino denuncia il furto di un auto: non era stata rubata ma sommersa dal pattume

Quattordici anni di ecoballe. Sette commissari straordinari inutili, tonnellate di immondizia, puzza, insulti, vergogna e ieri, Sant’Agnese martire cristiana a solo dodici anni, siamo tornati al punto di partenza, senza nemmeno passare dal via. Riaperte le discariche che erano chiuse. Ci voleva Gianni De Gennaro, ultimo liquidatore di questa pattumiera tricolore, ci voleva l’occupazione delle strade, l’arrivo di un tot di inviati e televisioni dal resto del mondo, lo sconforto caprese di Napolitano, le parole in discesa libera dello sciatore Prodi, per affrontare, non certo risolvere, la raccolta dei rifiuti. Ma che avranno mai fatto, allora, in questi quattordici anni, da quel fatidico undici di febbraio del 1994 lor signori, i commissari straordinari, straordinari in quanto commissari, straordinari perché di ordinario non riuscivano a fare nulla, straordinari come i rifiuti, l’emergenza o forse i loro compensi? In ordine di incarico, data di assunzione e di fine mandato: Umberto Improta (11 febbraio 1994-marzo 1996), Antonio Rastrelli (marzo 1996-18 gennaio 1999), Andrea Losco (18 gennaio 1999-10 maggio 2000), Antonio Bassolino (10 maggio 2000-febbraio 2004), Corrado Catenacci (27 febbraio 2004-9 ottobre 2006), Guido Bertolaso (10 ottobre 2006-6 luglio 2007), Alessandro Pansa (7 luglio 2007-1 gennaio 2008) e, per finire il girotondo, Umberto Cimmino (gestore della vicenda dall’1 gennaio scorso e, dunque, in carica) e Gianni De Gennaro, liquidatore.
Per rendere ancora più comico l’epilogo, siamo del resto nella terra della commedia napoletana, il presidente della Regione Campania, al secolo il Bassolino di cui sopra, ha dato un «giudizio positivo» alla decisione adottata da De Gennaro. Una decisione che non gli era passata minimamente per la capa in quei quattro anni di sua reggenza che costituiscono un record difficile da uguagliare e da battere, essendosi i colleghi suoi fermati a periodi più brevi. Bassolino, come la Iervolino, resiste, resiste, resiste.
La scelta del prefetto De Gennaro rientra nella tradizione del Paese nostro e di Napoli, l’esercito di Franceschiello oggi va di scopa e paletta, continua a fare ammuina, chilli che stanno a prora vann’a poppa e chilli che stann’a dritta vann’a sinistra e chilli che stann’a sinistra vann’a dritta.
Dopo quattordici anni di ecoballe, duemila vertici, seimila commissioni, diecimila relazioni, siamo finalmente alla svolta epocale: si riaprono le case chiuse, 42mila tonnellate di rifiuti verranno smaltite nella discarica di Difesa Grande, ad Ariano Irpino, 35mila a Villaricca, 21mila ai Tre Ponti di Montesarchio, 300mila a Macchia Soprano, comune di Sarre. Sulla discarica di Montesarchio sarebbe anche utile sapere che fine hanno fatto i sei milioni di euro, cioè i fondi regionali messi a disposizione nel 2005 per bonificare la struttura e renderla polivalente per l’intera Valle Caudina. Mai incominciati i lavori, così come in altri sversatoi per i quali erano garantiti denari in dosi industriali, finiti tra un’ecoballa e un’altra.
Ai siti titolari individuati va però aggiunta una riserva, la pattumiera panchinara. È Parapoti, che, ha detto De Gennaro, «non è per ora nel piano ma resta come riserva», direi in tutti i sensi. Prima di scaricare però bisognerà stoccare e qui è venuta fuori un’altra delle gag del nostro repertorio classico; il commissario straordinario ha illustrato i siti: 98mila a Marigliano, 350mila in località Ferrandelle, nel comune di Santa Maria la Fossa, provincia di Caserta e, tenetevi forte, 20mila (in prevalenza ecoballe) a Pianura. Nemmeno il tempo di finire di pronunciare il nome ed ecco che la Procura di Napoli ha provveduto al sequestro dell’intera area della discarica di Contrada Pisani, eseguito dai carabinieri del comando provinciale di Napoli: «Lavoreremo nella zona rimasta disponibile» ha provato a commentare De Gennaro, già si possono immaginare gli spazzini e affini mettersi di sbieco, con i guanti e la ramazza, per non alzare la polvere, invadere o violare i sigilli.
Il commissario va capito. L’emergenza di quattordici anni non può essere risolta in minuti due, come diceva Eduardo, si deve passare ‘a nuttata e altre ancora: «Sarebbe stata necessaria una pattumiera da un milione di tonnellate» ha detto lo stesso De Gennaro che, involontariamente, ha lanciato un’idea ai venditori di cestini dei rifiuti di Forcella. C’è poco da scherzare anche se una notizia da Sant’Anastasia dimostra fino a che punto di follia sia arrivata questa storia: durante la raccolta dei sacchetti di immondizia accumulati in strada, i netturbini hanno scoperto, sommersa da vongole, cime di rapa e scatolame vario, un’automobile rossa che era stata parcheggiata prima dello tsunami, il legittimo proprietario credeva gli fosse stata rubata, adesso gli arriverà anche la contravvenzione per sosta vietata. Da domani si ricomincia, stessi rifiuti, stesse occupazioni, stesse parole. Penseranno di avere la stanza pulita ma hanno nascosto la polvere sotto il tappeto.
Dicono che la decisione di De Gennaro fosse nell’aria. Nell’aria di Napoli e del resto di quella terra meravigliosa c’è ben altro.

Nessuno prova vergogna di questa puzza che non sale soltanto dall’immondizia.

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