Rifiuti, Penati «brucia» il piano con l’inceneritore

La Provincia: valutazione sugli impianti fra sei mesi Ma secondo la Regione per decidere bastano sei ore

La Provincia continua a rinviare quelle scelte politiche che cambiano la vita dei milanesi. Condizione abituale di un’amministrazione incapace di smarcarsi da verdi e comunisti, sia sul fronte infrastrutture che rifiuti. E proprio i massimalisti della maggioranza di Palazzo Isimbardi, dopo avere in passato obbligato Filippo Penati a «sbianchettare» la localizzazione dei nuovi impianti di termovalorizzazione, adesso gli impongono di valutarne la necessità solo dopo l’approvazione del piano provinciale dei rifiuti.
Valutazione che l’inquilino di Palazzo Isimbardi garantisce possibile compiere «entro cinque, massimo sei mesi»: «Prima valuteremo in tempi ragionevoli se ci sono le condizioni per ampliare gli impianti esistenti per far fronte agli obiettivi virtuosi che ci siamo proposti, e poi interverremo».
Naturalmente, avverte Penati, il sì agli impianti dove avviene la combustione dei rifiuti con recupero di energia elettrica e termica sarebbe condizionato dall’insuccesso della politica delle «3R»: «Ridurre, recuperare e riutilizzare», ovvero dalla strategia della monnezza in chiave ambrosiana. Peccato, chiosa l’assessore regionale Massimo Buscemi, che «per individuare uno strumento idoneo a risolvere il problema monnezza bastano cinque, massimo sei ore». Sei ore contro i sei mesi vagheggiati da Penati che, pur snocciolando i punti determinanti del suo piano rifiuti - «no a discariche vecchie e nuove, sì alla raccolta differenziata, no ad un solo chilo di rifiuti conferiti fuori dal territorio milanese» -, non riesce a uscire dall’ambiguità sul sì all’inceneritore: «Risultato? Impossibile per i Comuni della provincia raggiungere l’agognata autosufficienza», commenta Bruno Dapei. E, quindi, dopo tre anni di gestazione (e quindi due di ritardo sui tempi di legge), Penati offre ai milanesi, parola di Forza Italia, «un inaccettabile piano», «partorito al ribasso» e «figlio dell’approccio ideologico».
Commento di chi si vede rinviare, ancora una volta, lo scioglimento dei nodi cruciali: «La proposta del piano dovrebbe tirare conclusioni di studi, analisi e previsioni dando risposte chiare e attuabili individuando tempi e modi per risolvere i problemi connessi alla diminuzione di produzione, raccolta e smaltimento dei rifiuti». Ma, osserva il capogruppo azzurro Dapei, «invece di risposte, Penati, rilancia i soliti interrogativi»: sceglie di non scegliere pur di non affrontare giovedì nell’aula consiliare le contraddizioni di un centrosinistra lacerato su tutto.
Concretamente, il piano non individua la destinazione finale di qualcosa come il dieci per cento dei rifiuti non differenziati e per 200mila tonnellate all’anno non fornisce neppure l’individuazione dell’impianto. E, ancora, pure la «valutazione di incidenza» richiesta dalla Regione è incompleta.

Quadretto di un’amministrazione provinciale che definisce «stella polare» l’equazione «tarare quantità di rifiuti e non numero di impianti». Uscita di chi, per calcoli politici, impedisce, secondo la Regione, «a quattro milioni di cittadini di poter essere autonomi nello smaltimento dei rifiuti».

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