Letteratura

Rifiuti il suo libro? L'autore diventa uno zombi cannibale

Nel romanzo di Giovanni Mariotti si mescolano fantaeditoria e horror. Ma anche la realtà è mostruosa

Rifiuti il suo libro? L'autore diventa uno zombi cannibale

In ogni grande casa editrice c'è un luogo dove si accatastano manoscritti inviati, lì a prendere polvere, che nessuno leggerà mai. O almeno un tempo era così. Oggi credo vengano smaltiti in fretta, perché gli spazi costano. Dall'altra parte ci sono vite in attesa di una decisione che non verrà, spesso neppure il rifiuto standard per cui «ci dispiace, ma il suo testo non rientra nelle nostre linee editoriali». Umberto Eco, nell'introduzione a un libro di Fabio Mauri, I 21 modi di non pubblicare un libro, scrisse che mai un libro è stato pubblicato dopo che il manoscritto era stato mandato a un editore.

Attenzione, perché includeva anche l'illusione di pubblicarlo per case editrici minuscole, che consolano l'autore perché può averne qualche articoletto sul giornale della propria provincia, e oggi su blog letterari, o sui social, ma di fatto non entrerà mai in nessun mercato, e dunque mai nella storia della letteratura. Gli illusi si aggrappano a Kafka o a Morselli, ma quasi mai sono Kafka o Morselli. Ne so qualcosa io, che da scrittore ricevo decine di manoscritti, non sarebbe il mio mestiere ma un occhio glielo butto sempre, in genere distogliendolo dopo due pagine, perché siamo il Paese dove tutti scrivono e nessuno legge. E dopo anni mi inviano copia del manoscritto da me stroncato pubblicato dalla Pincopallino Editore, credendo di avercela fatta. D'ora in poi si sentono scrittori. Foto sui social in posa pensosa, presentazioni con familiari e compagni di sventura, e contenti loro contenti tutti.

Un altro viatico dell'aspirante scrittore si trova in Sodomie in corpo 11 di Aldo Busi, anche lui spietato, giustamente, visto che esordì a circa quarant'anni pur di pubblicare per Adelphi e poi per Mondadori, sapendo che l'alternativa era restare sconosciuto per sempre. A Dario Bellezza, che gli chiese cos'era per lui la letteratura, rispose tranchant: «la sua distribuzione».

In ogni caso, da La nave di Teseo, la casa editrice fondata e diretta da Elisabetta Sgarbi, l'unica donna anche tra gli uomini (alla faccia delle femministe) a rappresentare un'avanguardia editoriale e culturale (e oggi anche musicale, c'è lei dietro il successo degli Extraliscio), esce in questi giorni un romanzo di Giovanni Mariotti, I manoscritti dei morti viventi. Mariotti, autore colto e discreto, costruisce un piccolo horror dal taglio edgarallanpoelliano (ho messo anche il nome e il cognome del padre adottivo sennò solo poelliano sembrava il taglio di un petto di pollo con un refuso), dove una novella direttrice di una grande casa editrice che sembra la Mondadori (c'è l'open space, ma anche il laghetto), vedova di un compagno aspirante scrittore, si trova la testa (e la realtà che vive) circondata da fantasmi e zombi autori dei manoscritti mai letti, che giacciono a prendere polvere nella grande casa editrice.

I quali autori, anche da morti, a guardarli chiedono giustizia, di essere pubblicati postumi. Mariotti riesce a stare in un racconto di genere che si legge in un'ora senza stancare ma neppure troppo spaventare, anzi divertendo. Divertendo forse meno gli autori in cerca di editori o con libri autopubblicati o fintamente pubblicati per la Pincopallino (duecento copie di tiratura oggi non si negano a nessuno, alla maggior parte degli autori basta vedere il proprio nome stampato su una copertina).

«Manoscritti! Gli armadi sono pieni. Migliaia di manoscritti! Montagne! Potrà constatarlo da sola, Alcuni arrivano da decenni... e nessuno che ci abbia dato un'occhiata. Non c'è stata risposta». In effetti nessuno potrebbe esaminare la mole di manoscritti che arriva ogni giorno presso ogni grande editore, che è la stessa che, a cascata, finisce ai medi, poi ai piccoli, infine agli imbroglioni che si fanno pagare. Eh, ma pure Proust all'inizio pubblicò autostampandosi! Certo, ma poi si fece notare nell'ambiente culturale, passò con Gallimard, e André Gide si pentì del rifiuto.

Questo racconto horror ma realistico di Mariotti è una raffinata avventura nel mondo editoriale infestato da zombi, fantasmi che non ce l'hanno fatta, ma anche vivi, a cui dare una risposta, perché «l'importante è scoraggiarli!». Anche perché in genere scoraggiando raramente si sbaglia, ma tenete presente che «gli autori in cerca di editore sono pronti a tutto!». Sui social succede così: ti scrivono dichiarandoti stima e chiedendoti un parere (gratis), gli rispondi che lascino perdere, e subito dopo cominciano a scrivere su ogni bacheca che trovi che sei uno stronzo, un pallone gonfiato che non vale niente. Anche perché «il mio è sempre meglio di molta roba che pubblicano», appunto, se il riferimento è quello è meglio non aggiungerne un altro poco meglio.

Oggi, anche grazie alla deliziosa commedia horror di Mariotti, ho capito che l'importante è dirgli che sono come Kafka e Morselli, tanto da morti non succederà mai come alla protagonista di Mariotti: la realtà dell'editoria è meno pura e più dura, e io pubblicherò il 21 marzo, sempre con Elisabetta che mi sopporta dai tempi di Bompiani, il mio ultimo romanzo, e non ne scriverò più perché sono stanco, anche di me stesso.

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