Rifiuti tossici degli ospedali, Amsa sotto inchiesta

Perquisita la sede dell’azienda. L’accusa: materiale speciale smaltito come la normale spazzatura. Otto indagati

di Luca Fazzo e Enrico Lagattolla

«Rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo». L’avviso compare vicino all’impianto di trituramento e sterilizzazione dell’ospedale Niguarda. Materiale a rischio e - soprattutto - tossico. Che, secondo la Procura, sarebbe finito nei «forni» dell’Amsa senza alcun trattamento. Il pubblico ministero Paolo Pirotta ha aperto un fascicolo, ipotizzando i reati di smaltimento abusivo di rifiuti e truffa. Perché, secondo la Procura, la «Sirio Ecologica spa», ditta con sede a Gubbio attiva nel mercato della spazzatura speciale, avrebbe ceduto quel materiale alla municipalizzata senza un adeguato trattamento. E Amsa, a sua volta, l’avrebbe smaltito come «assimilabile» ai rifiuti solidi urbani. Quindi gratuitamente. Otto le persone indagate, tra dirigenti dell’azienda del Comune e del gruppo imprenditoriale umbro. Venerdì scorso la polizia provinciale si è presentata negli uffici di Amsa per sequestrare documenti e materiale ritenuto utile per chiarire i rapporti tra l’azienda e la Sirio. Quattro giorni prima, invece, gli agenti erano andati direttamente al Niguarda, per acquisire i contratti, i registri e i moduli di carico e scarico del materiale tossico. Sotto inchiesta, a questo punto, ci sono quattro funzionari della municipalizzata, tre dipendenti della Sirio spa e uno dell’ospedale. Un’indagine che potrebbe allargarsi. Anche perché la ditta umbra serve anche altri nosocomi milanesi, come il san Paolo e il Fatebenefratelli, oltre ad alcune strutture di Vimercate, Melegnano, Treviglio, Caravaggio, San Donato e Lodi, solo per restare in Lombardia. Perché la Sirio, nel corso degli anni, si è aggiudicata un gran numero di appalti nel centronord del Paese. Talvolta, anche grazie a offerte più vantaggiose rispetto alla concorrenza. Proprio al Niguarda, ad esempio, la ditta aveva garantito anche la sterilizzazione dei rifiuti speciali. Salvo poi trovarsi in cattive acque. Ed essere costretta a rinunciare al trattamento. Da qualche tempo, infatti, l’azienda è in crisi. Le banche hanno chiuso i cordoni dei finanziamenti, e i lavoratori aspettano gli stipendi arretrati. Così, in mancanza di personale, il ritardo si accumula. E in questo caso, ad accumularsi sono i materiali tossici. Garze non più sterili, sacche di sangue, residui infettivi ospedalieri di varia natura, il cui «deposito temporaneo» - in base al decreto del 15 luglio 2003 - deve essere tale da «non causare alterazioni che comportino rischi per la salute», e soprattutto deve avere «una durata massima di cinque giorni». Un limite che a Niguarda sarebbe stato oltrepassato.

L’ipotesi degli investigatori, dunque, è che anche per fare fronte a una situazione di emergenza, l’azienda abbia forzato la mano affidando ad Amsa materiale che sulla carta risultava pretrattato, ma che in realtà non aveva subito alcun processo di sterilizzazione. E Amsa, a cui spetterebbe il compito di assicurarsi che nei propri forni non finiscano rifiuti pericolosi, avrebbe mancato di operare le opportune verifiche.

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