Emanuela Fontana
da Roma
Non era ieri una giornata di moderazione per il leader di Rifondazione Fausto Bertinotti. Due le notizie che lo hanno mandato su tutte le furie: il manifesto per l’Occidente del presidente del Senato Marcello Pera e l’intervista del Giornale all’ambasciatore israeliano a Roma, Ehud Gol.
Le dichiarazioni di Gol sulla candidatura nelle file del Prc del dirigente palestinese Ali Rashid («una vergogna per l’Italia») rappresentano «una rottura della rappresentanza istituzionale», è durissimo il segretario del Prc. Bertinotti ha difeso il suo candidato a margine di una riunione della sinistra europea: «È inaccettabile - ha criticato a proposito delle parole di Gol su Rashid -, è come se l’ambasciatore italiano in Israele attaccasse Netanyahu». La posizione dell’alto diplomatico israeliano «è una vergognosa aggressione - ha proseguito Bertinotti - inviterei tutti a leggere l’intervista di Ali Rashid al Manifesto. Rashid è un uomo di pace e di dialogo. Dalla Palestina ha fatto una scelta di non-violenza».
Proprio la questione palestinese è sempre più terreno di attrito all’interno dell’Unione. Bertinotti litiga con Gol, e questo non fa bene ai rapporti tra sinistra e Israele, mentre ai radicali non piace la posizione del Pdci sul conflitto mediorientale, soprattutto dopo la manifestazione di sabato scorso a favore della Palestina a Roma in cui sono state bruciate le bandiere israeliana e americana. Un altro passo che non è piaciuto alla Rosa nel pugno: il leader del Pdci Oliviero Diliberto invece di chiedere scusa alla comunità ebraica ha querelato il leader di quella milanese, Yasha Reibman, già consigliere regionale dei radicali, «reo» di avergli suggerito la lettura di Elia Wiesel e Primo Levi. Diliberto stia attento: il passo tra sporadici gesti di intolleranza e antisemitismo può essere molto breve, avverte il segretario radicale Daniele Capezzone. «Diliberto, sia pure tardivamente, ha preso le distanze dal rogo di bandiere israeliane avvenuto l’altra settimana a Roma - dice il segretario del partito di Bonino e Pannella -. Ma mi auguro che voglia presto non solo annunciare il ritiro della querela nei confronti di Yasha Reibman, ma anche scusarsi con le comunità ebraiche, e aggiungere che mai più sarà consentito dal suo partito che, nel corso di manifestazioni o in altri contesti, chiunque commetta atti di questo genere». Quello che non può accadere è che un partito tolleri o non condanni con forza «atti che potrebbero giustificare, alimentare o aizzare i peggiori rigurgiti di antisemitismo».
I Comunisti italiani non accolgono l’invito. Jacopo Venier, responsabile Esteri del Pdci, definisce «pretestuosa» la polemica di Capezzone: «Non accettiamo critiche da una forza politica filo americana che ha sostenuto le posizioni più oltranziste del governo Sharon e che non ha mai preso le distanze dalla guerra di Bush», chiarisce Venier, che pure è nella stessa coalizione dei radicali essendo la social-radicale Rosa nel pugno alleata di Romano Prodi. La querela, per l’esperto di politica internazionale del Pdci, è «un atto legittimo rispetto alla campagna di aggressione che il Pdci sta subendo di fronte ad una accusa infame come quella di essere antisemiti. Non accettiamo - avverte - l’aggressione e la criminalizzazione con le quali si vorrebbe trasformare in reato la critica alla politica di Israele».
Ma Capezzone non è il solo a criticare l’iniziativa della querela e in generale l’atteggiamento del Pdci. «Sbaglia Oliviero Diliberto a spostare il confronto con la comunità ebraica dal piano politico a quello giudiziario», condivide il senatore dei Verdi Fiorello Cortiana. Se ritiene di aver ricevuto accuse ingiuste, Diliberto «deve attivare pratiche di dialogo per chiarire tutto. Oggi più che mai dopo che scellerati hanno usato la manifestazione per la Palestina contro Israele.
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