nostro inviato a
Chianciano Terme (Siena)
In altre terme, quelle di Telese ove dieci giorni fa si celebrava la festa dellUdeur, aveva confidato gioioso che Francesco Rutelli, con discrezione, gli aveva assicurato lappoggio al modello elettorale tedesco. Ci sono novità? «Fino al 14 dottobre nessuno si sbottona più», sussurra Lorenzo Cesa dopo il discorso di chiusura della festa dellUdc, mentre fende la folla per raggiungere giornalisti e telecamere che lo attendono in un recinto più distante. Poi spiega: «Bisogna aspettare che nel Partito democratico definiscano gli assetti interni e scelgano il leader, per poi guardare fuori. Con Rutelli siamo fermi a Telese, ma mi fido». Non è che lei e Casini intendete usare laccordo con Rutelli, come arma di pressione su Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi, o ce lo danno gli alleati il tedesco, o lo facciamo con gli avversari? «No, Fini no». Su Berlusconi: «Il grande Silviuccio è un amico, bisogna soltanto parlarci e ora lo faremo, tranquillo: deve solo convincersi che col sistema tedesco a diventare centrale è proprio lui, lui e nessun altro. Comunque, fino alla metà di ottobre è tutto fermo». Dunque, per ora cè solo la promessa di Rutelli? «Rutelli, ma non solo. Non credo di esagerare, ma il 75% del Partito democratico è per il proporzionale tedesco».
Che con Udc e Udeur, Rifondazione, Lega e cespugli vari dambo i poli, fa un fronte niente male per il sistema tedesco. Che tanto teutonico in verità non sarebbe, perché come poi spiega il segretario «si tratta di un proporzionale con le preferenze, senza premio di maggioranza, ma con sbarramento al 5%. Anche al 6, pure al 7% se vogliono, tanto larea centrista tra Partito democratico e Forza Italia è accreditata al minimo di un 10%». Parola di Cesa: «Sì, sono fiducioso. Cè un vasto schieramento in Parlamento, deciso a evitare il referendum».
Vuoi perché «la strategia di Casini è la strategia dellUdc» (come ha sottolineato nel comizio), vuoi perché il proporzionale è lultima zattera prima del precipizio, vuoi per i sondaggi mattutini che riconoscono al centrodestra un vantaggio di 10 punti sul centrosinistra, era un Cesa anchegli allattacco, quello di ieri. Un giornalista ha provato a insidiarlo col disagio e il disorientamento del suo elettorato nel vederli in mezzo al guado, né di qua né di là, e lui baldanzoso: «Disorientamento? Il nostro partito è dato al 7%, segno che le nostre scelte sono comprese e condivise». Unaltra domanda, e il segretario sbotta: «La verità è che senza di noi, Forza Italia non va da nessuna parte».
Ecco, quel che dà ossigeno allUdc e ne alimenta la resistenza nella ridotta, è la consapevolezza che sarebbe azzardato, forse mortifero per gli «amici», andare al voto senza o addirittura contro di loro. Come Casini dunque, anche Cesa promette che «ci faremo rispettare da chi oggi, con una buona dose di superbia, sostiene di rappresentare gia, da solo, larea moderata e centrista del Paese». Per far pace, LUdc vuole il proporzionale, è disposta a tornare a San Giovanni il 2 dicembre «purché la manifestazione non sia intesa come la spallata per far cadere il governo», come ribadisce la spada Cesa difendendo il solco Casini. E se il potente governatore siciliano il giorno prima aveva criticato lambiguità e lattendismo del leader, il segretario nel discorso al popolo postdemocristiano lo blandisce e lo onora: «Lunica oasi del Centrosud resta la Sicilia di Totò Cuffaro». Il quale sè già affrettato, di buon mattino, a negare ogni dissenso con Casini e Cesa: il suo pensiero non è stato riportato «correttamente» rettifica, anzi condivide «per intero» la linea, ed è «certamente il più accanito sostenitore» del ritorno al proporzionale.
Al 15 ottobre dunque, meglio al 18 quando in Senato si vedrà se la riforma elettorale ha un futuro. Nel frattempo, se qualcuno alimenta ancora «sospetti infondati», Cesa garantisce: «Io posso assicurare che rispetto al Pd noi saremo alternativi e concorrenti».
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