Riforma fiscale, disputa tra premier e Tremonti Il superministro fugge da Napolitano sul Colle

Berlusconi sul titolare dell’Economia: deve decidere cosa fare da grande E studia un piano per varare la riforma fiscale per via parlamentare. Sfogo di Giulio al Quirinale: giudizi molto critici sul presidente del Consiglio

Riforma fiscale, disputa tra premier e Tremonti 
Il superministro fugge da Napolitano sul Colle

Roma - Quando in tarda mattinata Antonio Martino incontra Silvio Berlusconi nel suo studio di Palazzo Grazioli i postumi del vertice notturno con Umberto Bossi, Giulio Tremonti e Roberto Calderoli sono ancora lontani dall’essere metabolizzati. Al punto che quando il ministro dell’Economia chiama per l’ennesimo chiarimento, il Cavaliere - attaccato il viva voce - non la smette di sbuffare e gesticolare. «Lo vedi Antonio? Come si fa ad andare avanti così?», si sfoga il premier.

La tre ore notturna di martedì sera a via del Plebiscito, insomma, non deve essere stata quel che si dice una passeggiata di salute. Tuttaltro. Tanto che ieri la situazione - questo raccontano i rumors - non si sarebbe ricomposta neanche dopo un corposo giro di telefonate andato avanti fino al tardo pomeriggio. Ecco perché, davanti allo stato maggiore del Pdl riunitosi dopo pranzo a via del Plebiscito Berlusconi non ci gira troppo intorno: «Se vogliamo arrivare alla fine della legislatura, sulla riforma fiscale Giulio non può più tirarsi indietro».

Ed è questo il nodo sul quale il Cavaliere e il titolare dell’Economia sono ormai ai ferri corti da giorni. Con Bossi che nelle ultime settimane ha rotto gli indugi e gioca di sponda con il premier. D’altra parte, per capire quanto abbia pesato la politica economica del governo sul calo elettorale della Lega è sufficiente ascoltare qualche ora lo sfogo dei militanti su Radio Padania. Tremonti, però, sembra resistere all’assedio. E l’unica cosa che pare concedere è una velata disponibilità a verificare se è tecnicamente possibile agire in parallelo sulla manovra triennale e sulla riforma fiscale. Fare, insomma, entrambe prima dell’estate. Un disponibilità, è la sensazione del Cavaliere, soprattutto tattica visto che il ministro dell’Economia resta convinto che la riorganizzazione tributaria debba essere messa in calendario a settembre, quando sarà più chiaro il quadro economico globale. Anche perché, è il timore di Tremonti, ad ottobre la Grecia rischia seriamente di andare in default e questo taglierebbe la testa a qualunque ipotesi di rimettere mano al fisco.

Argomento, questo, che il titolare di via XX settembre decide di affrontare direttamente con Giorgio Napolitano. Un colloquio, quello al Quirinale, durante il quale Tremonti presenta i criteri e i capitolati della manovra triennale e non lesina giudizi non solo tranchant ma anche piuttosto pesanti sul premier. Il tentativo, forse, è quello di ottenere un ombrello politico-istituzionale. Ma Napolitano è ben consapevole dello scontro in atto all’interno del governo e si sarebbe limitato a un via libera interlocutorio della manovra in attesa di vedere le tabelle con le cifre.

L’assedio al ministro dell’Economia, insomma, prosegue. Con Berlusconi che chiede ai vertici del Pdl di «pressarlo» e ricordargli che «la riforma è nel programma di governo». Giulio - ragiona in privato il premier - deve smetterla di minacciare le dimissioni e decidere cosa fare da grande. Ecco perché il Cavaliere non esclude di lanciare la riforma del fisco per via parlamentare - e non governativa - magari con un disegno di legge firmato da pochi ma autorevoli deputati del Pdl (i fondatori storici per esempio). Un modo per bypassare Tremonti. Altra ipotesi ancora sul tavolo, invece, quella di una cabina di regia a Palazzo Chigi in materia economica, formata non da esponenti politici ma da due o tre economisti di peso. Si vedrà.
Di certo c’è che nel vertice notturno si affronta anche la questione del trasferimento dei ministeri al Nord, diventata per Bossi ormai un chiodo fisso nonostante il pochissimo appeal che ha perfino sulla base leghista (anche in questo caso gli sfoghi dei militanti su Radio Padania sono eloquenti).

Berlusconi conferma il via libera e lo spostamento dei Dipartimenti di Bossi (Riforme) e Calderoli (Semplificazione) avverrà con due decreti dei rispettivi ministri che non dovranno passare per il Consiglio dei ministri. Saranno insomma Bossi e Calderoli a decidere modi e tempi.

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