Niente di male, se non fosse che la scuola è comunque pubblica e che lesperimento sapeva tanto di propaganda anti-decreto, poiché gli insegnanti non impegnati in aula, erano in cortile, ufficialmente per «svolgere attività di informazione ai genitori», ma in realtà per illustrare il dissenso sul cambiamento.
Del resto cartelli e slogan appesi sulla cancellata dellistituto lasciavano pochi dubbi. «Scuola, attenzione: è in caduta libera» e ancora «Non si risparmia sui bambini, no ai tagli della Gelmini». Lorientamento dei maestri della Pietro Maffi e della Maglione, che fa parte dello stesso plesso, era evidente già giovedì scorso, quando hanno indetto unassemblea pubblica per «dire no» alla riforma. E lo scopo deve essere riuscito bene, perché anche i genitori degli alunni ieri erano più che mai combattivi. «È una vergogna - sottolinea Rosetta Ciacia, aspettando la nipote - come può fare una maestra sola con 35 bambini in classe? Questa legge è uno schiaffo alle donne: abolisce il doposcuola e costringe le mamme a smettere di lavorare per stare a casa con i figli». Qualcuno prova a spiegarle che non è proprio così. «Non è vero, il doposcuola resta», interviene Roberto, mentre attende il figlio. Ma la sua è una voce fuori dal coro: meglio soffocarla. «Zitto, tu sicuramente sei un Berlusconiano di ferro», attacca lesercito delle mamme. E il papà si arrende.
Gli insegnanti, invece, sono compatti nel bocciare il decreto Gelmini. «Non si può offrire una scuola di qualità con 27 bambini in aule così piccole - dice Teresa Cavallaro, 8 anni di esperienza -. Se poi un insegnante può fare solo 24 ore, come si pensa di garantire il tempo pieno?». «La riforma, inoltre, ghettizza i bimbi extracomunitari perché li isola da quelli italiani - interviene la maestra Maria Mucciante - e questo impedisce lintegrazione». «È un tornare indietro - conclude Antonietta Guglielmini, insegnante da 30 anni -. In un colpo solo si annullano tutte le conquiste fatte fino a oggi.
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