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Riforma Giustizia, il Cavaliere tira dritto I magistrati attaccano: "Non passerà"

Sì unanime dei ministri sulla riforma. Il Cav esulta: "La volevo dal 1994. Provvedimento organico che non ha a che fare con i miei processi". Alfano: "Riforma modernizzatrice che non si applica ai processi in corso". L'Anm attacca subito: "Così vengono puniti i giudici"

Riforma Giustizia, il Cavaliere tira dritto 
I magistrati attaccano: "Non passerà"

Roma - Il Consiglio dei ministri ha approvato all'unanimità la riforma dell’ordinamento giudiziario proposta dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. L'annuncio è stato seguito da un applauso da tutti i ministri indirizzato proprio ad Alfano. Nel corso del CdM, il premier Silvio Berlusconi ha anche assicurato di avere una maggioranza solida, che si rafforza ulteriormente e diventa più coesa: "Contiamo di arrivare a 330 deputati a Montecitorio".

Berlusconi esulta Soddisfatto il Cavaliere, che rivela: "È dal 1994 che volevo questa riforma, dai tempi della nostra discesa in campo. Finalmente riusciamo a realizzare un punto fondamentale del nostro programma". Freno finora al provvedimento è stata una componente "statalista e giustizialista" che impediva, prima della "diaspora nella maggioranza", riforme importanti come quella della giustizia. E il premier è sicuro che quello al varo oggi è un provvedimento di cui l'Italia ha bisogno da almeno vent'anni e che avrebbe evitato anche Tangentopoli: "Probabilmente non ci sarebbe stata l’esondazione, l’invasione della magistratura nella politica e quelle situazioni che hanno portato nel corso della storia degli ultimi venti anni a cambiamenti di governo, ad un annullamento dela classe dirigente nel ’93. E soprattutto non ci sarebbe stato il tentativo che è in corso attualmente di far cadere il governo per via giudiziaria.

"Non è ad personam" Questa è una riforma organica, sostiene Berlusconi, che non ha nulla a che fare con i processi in corso: "Non è contro nessuno e non è a favore di qualcuno. Non è ad personam ma nell'interesse di tutti gli italiani". Poi, mentre il premier ribadisce che si presenterà in tribunale a difendersi, "così spiegherò alla gente come stanno realmente le cose". Del resto, l’articolo di chiusura del ddl costituzionale. Come ha ricordato Alfano, infatti, le modifiche alla Carta "non si applicano ai procedimenti penali in corso proprio per mantenere la purezza di questo impianto e di questo disegno che ha una sua nobiltà storica".

Il dibattito con l'opposizione La maggioranza "farà di tutto per poter discutere la riforma della giustizia con tutti e prima di tutto con l’opposizione", ha precisato Silvio Berlusconi, identificando in Alfano il principale interlocutore. Il ministro della Giustizia è fiducioso nel dialogo con l'opposizione: "Sono in grado di ricordare che oltre 13 anni fa la bicamerale presieduta da un esponente di sinistra approvò una bozza di riforma che ammetteva due cose: che la giustizia ha bisogno di essere ammodernata che l’ammodernamento necessita di una riforma della Costituzione.

Verso un processo giusto. Processo breve non è priorità Mostrando un'immagine con due bilance, il Cavaliere ha detto che la finalità della riforma è quella di assicurare un giusto processo e ha aggiunto: "Non deve essere soltanto eseguito in tempi ragionevoli, deve garantire un contraddittorio tra le parti con l’ascolto di tutti i testimoni che la difesa vuole portare al processo e garantire la parità tra difesa e accusa". Parlando di tempi ragionevoli, però, il premier non si riferisce al processo breve, che "non è una priorità" del governo, come assicura Alfano.

L'attuazione in dieci step L'approvazione da parte del Consiglio dei ministri non è che il primo passo per la riforma. Lo sottolinea lo stesso Berlusconi che in conferenza stampa ha precisato: "Il Parlamento deve discuterà e approvera un testo di riforme costituzionali completo, organico, chiaro e convincente". In seguito ci sarà bisogno di "dieci leggi di attuazione, che presenteremo in successione ai parlamentari. Le abbiamo già pronte".

I punti fondamentali In conferenza stampa, Alfano ha poi ribadito che il punto cardine della riforma è la separazione delle carriere e  la parità che impone tra accusa e difesa. In questo modo "il giudice diventa colui che è davvero sopra le parti, sottolinea Alfano, perchè non è più pari al Pm. Il giudice deve valutare cosa gli vengono a dire accusa e difesa". Per far funzionare questa nuova concezione, "occorre reimpostare l'architettura", ha detto il ministro della Giustizia. La responsabilità disciplinare di giudici e pm è stata quindi "estrapolata dal Csm", con la creazione di un’Alta Corte di disciplina composta per metà da da magistrati e per metà da eletti dal Parlamento tra coloro che abbiano competenze giuridiche consolidate". In questo modo si creeranno due organismi, i due Csm - uno per i giudici e uno per i magistrati, presieduti dal Presidente della Repubblica - e l’Alta Corte, "del tutto indipendenti dal potere politico e dalle correnti della magistratura". Tra i principi sanciti dalla riforma, poi, c'è l'inappellabilità, per cui il cittadino che viene prosciolto in primo grado non può essere perseguito in giudizio. L’obbligatorietà dell’azione penale, inoltre, sarà mantenuta, ma secondo "i criteri previsti dalla legge: si partirà prima dalle priorità e poi il resto. Se il giudice non potrà perseguire tutto, le
priorità le definirà il Parlamento".

Resta anche il principio "sacrosanto" dell’inamovibilità dei magistrati, ma "non sarà più un privilegio", assicura Alfano.

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