Caro direttore,
inizio a sentirmi scoraggiato. Di certo sono stanco. Sono lustri che sento parlare della riforma della giustizia, ma a tanti proclami non segue mai una vera volontà di affrontare il problema. Più leggo, più mi documento e più sono consapevole dellenorme potere che questa casta si è ritagliata. Non è possibile che nelle mani di così poche persone si concentri la sorte di tutta una nazione. Non è possibile che questi signori rimangono impuniti per legge, che qualsiasi cosa essi facciano e qualsiasi errore per quanto grave essi commettano non debbano poi pagarne le conseguenze. Facciamo referendum contro la loro intoccabilità. Mille sondaggi registrano il nostro sconforto e la nostra delusione verso la magistratura e cosa succede? Niente! Niente cambia. Anzi, si dà loro di più. Soldi, potere, immunità. E ogni volta il solito ritornello: si vuole colpire lindipendenza della magistratura.
Ma quale indipendenza? Questi signori sono al servizio dello Stato. Devono applicare le leggi, non riscriverle. La nostra magistratura è la più lenta dEuropa. Se arreco un danno è giusto che la mia carriera sia bloccata. Se faccio perdere tempo nelle mie mansioni è giusto una ammonizione. Non chiedo niente di strano. Solo che le leggi che noi dobbiamo rispettare valgano anche per loro. Dividendo le carriere ognuno si concentrerà sulla propria, seguendo capacità ed aspirazioni, cosi come in quasi tutte le democrazie del mondo. Venendo promossi per merito assisteremo ad un emergere dei più capaci, di quei tanti meritevoli che ora devono aspettare che il collega anziano venga elevato di grado per poter così loro stessi ambire a cariche migliori. Certo sbagliare è umano e nessuno pretende l'infallibilità, ma più responsabilità sì, per questo sarebbe necessario un organo di controllo e giudizio indipendente che controlli il loro lavoro. Ma è normale che un giudice lasci la toga per fare politica, per poi tornare al suo posto? Quello che sogno è una magistratura non arroccata nei privilegi di casta. Una magistratura senza maschera politica.
- Cosenza
Caro Antonio Runco, la sua lunga lettera è lo sfogo di chi non si fida più della giustizia. Cè amarezza, disillusione e rabbia. E qualche volta magari esagera. Questo giornale non vuole mettere in dubbio lindipendenza della magistratura, ma siamo convinti che una riforma non sia solo necessaria, ma anche urgente. La divisione delle carriere, solo per fare un esempio, rende più chiaro il rapporto tra accusa, difesa e giudice. Non ci sono complicità. Non ci sono privilegi. I magistrati che non lavorano, quelli con la velocità della lumaca, vanno sanzionati, come accade a qualsiasi lavoratore, pubblico o privato. Non ci piace la magistratura che diventa strumento della politica. Non ci piace la giustizia a orologeria. Non ci piacciono le caste. Nessuna. Questo non significa mettere le briglie alla giustizia, ma liberarla da certi antichi vizi. Non è normale, non è sano, che gli italiani non abbiano più fiducia nella legge.
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