Roma - A prescindere dagli spiragli di dialogo che possono sempre svanire in un batter d’occhio, la maggioranza preme sull’acceleratore in materia di giustizia. Separazione delle carriere, riforma del Csm e revisione dei processi civili e penali sono i capisaldi della riforma che sta a cuore al Pdl, pronto ad andare avanti con o senza il placet dell’opposizione.
L’ultimo scontro tra i vertici delle procure di Salerno e Catanzaro sulle inchieste «Why not» e «Poseidone» ha riacceso il dibattito politico e sollecitato un intervento forte e tempestivo. Tanto che l’azzurro Giuseppe Gargani ha promesso che «sicuramente questa settimana presenteremo il nostro piano o alla Camera o al Senato». I punti cardine: «Distinzione tra polizia giudiziaria e pubblico ministero perché bisogna evitare che questi ultimi indaghino chiunque» e poi, soprattutto «la separazione delle carriere». Gli obiettivi di fondo sono due: rendere il processo più giusto in modo che il giudice sia distante tanto dalla difesa quanto dall’accusa e snellire i procedimenti visto che, come ha ricordato il Guardasigilli Alfano, «è intollerabile che ci siano oltre 4 milioni di processi pendenti».
Su quest’ultimo tema la sinistra sembra essere sensibile, sul primo, invece, molto meno. E poi c’è il nodo del Csm che la maggioranza vorrebbe sdoppiare: una sezione per la magistratura requirente e una per quella giudicante. La Lega con il suo leader Bossi assicura che ci sta perché «bisogna rendere più veloci i processi: adesso uno che capita nelle mani della giustizia resta in ballo vent’anni, se va bene» ma avverte che «per noi la priorità è il federalismo.
Poi, deciderà Berlusconi, i voti li ha lui». A tranquillizzare i lumbard scende in campo La Russa: «I tempi del federalismo li abbiamo già fissati e non subiranno rallentamenti, quindi Bossi non tema». E se Gasparri preme perché «lo strapotere di alcuni magistrati è imbarazzante», Cicchitto spera che il Pd voglia fare «un discorso sereno». Anche l’azzurro Italo Bocchino si augura che l’opposizione dia retta a Luciano Violante che in un’intervista al Corriere aveva invitato il Pd a collaborare con la maggioranza».
Collaborazione che sembra un miraggio, però, a sentire le parole di Antonio Di Pietro che ha subito varato il motto «giù le mani dalla giustizia» lamentando «inciuci in vista» e promettendo «cento, mille piazza Navona». Quanto di più distante dall’alleato Emma Bonino, secondo la quale per «la separazione delle carriere, la revisione dell’obbligatorietà dell’azione penale, il Csm diviso, cioè tutti quei punti che il Pd non vuole neanche sottoporre a un confronto, per noi radicali non è mai troppo... presto».
I centristi, dal canto loro, seguono la linea
dettata dal leader Pier Ferdinando Casini. «Massima unità delle forze politiche sul tema delle riforme. Per questo apprezziamo la proposta del ministro Alfano per il quale urge una riforma condivisa».FCr
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