Roma - Tutti contro tutti, con un’unica certezza: il governo, alla fine, la riforma del lavoro la farà, magari per decreto. E metterà mano anche all’articolo 18. Quindi sindacati e imprenditori hanno tutto l’interesse a rimanere al tavolo e cercare un’intesa.
Ieri c’è stato il terzo atteso incontro governo-parti sociali. Da una parte Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, Abi, Rete imprese e Alleanza delle Cooperative. Dall’altra due ministri Elsa Fornero e Corrado Passera. Tra i due sono scoccate nuove scintille. Quando il ministro allo Sviluppo ha sottolineato la rilevanza dell’apprendistato nel rilancio dell’occupazione, la responsabile del Lavoro lo ha cordialmente zittito.
Ci sono differenze di impostazione di non poco conto tra Fornero e Passera e riguardano proprio il nodo affrontato ieri al tavolo. Passera più attento alle ragioni delle imprese, le cui associazioni ieri hanno chiesto di non pagare per intero il conto della riforma. Fornero, intenzionata invece ad andare avanti su tutti i fronti, anche recependo alcune richieste dei sindacati, ad esempio rendere meno conveniente il lavoro atipico rendendo più cari i contributi e il carico fiscale sui contratti flessibili.
Il governo, ha confermato ieri il ministro, punta a introdurre «controlli e sanzioni» contro l’uso improprio delle flessibilità nel mercato del lavoro. «Ci sono troppe partite Iva, ma occorre evitare la discontinuità e che migliaia di lavoratori finiscano in nero». Per quanto riguarda la riforma dei contratti, il ministro ha confermato che si punterà sull’apprendistato, anche in questo caso cercando di combattere gli abusi. Non ci sarà nessun aut aut, ma il governo non si fermerà ed è pronto anche al decreto.
Confindustria non ha nascosto i timori delle imprese. Giusto puntare sull’apprendistato. «L’unica preoccupazione - ha spiegato il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia - è che non aumenti la burocrazia. Molte imprese non usano lo strumento del contratto di apprendistato perché c’è già molta burocrazia».
Per quanto riguarda l’articolo 18 Fornero ha confermato che sarà affrontato, ma solo alla fine del percorso, visto che le parti sono divise. Tutti ammettono che la riforma della norma sul reintegro dei licenziati «è sul tavolo», ma il segretario della Cgil Susanna Camusso, (alle prese con lo sciopero generale della Fiom del 9 marzo) ha detto che «per noi non c’è un tema che si chiama articolo 18». In sostanza, il primo sindacato non firmerà mai un’intesa che renda più facili i licenziamenti.
Opposta la posizione dei datori di lavoro, che al tavolo erano rappresentati dal presidente dell’Abi. Il fatto che tra imprese e sindacati ci siano divergenze sulla flessibilità in uscita, ossia l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, «non significa che il tema non debba essere risolto. Altrimenti - è l’avvertimento di Giuseppe Mussari - non si fa una riforma complessiva del mercato del lavoro». In sintesi: se ci sarà una stretta sulla flessibilità in entrata, non si potrà non alleggerire quella in uscita.
Il ministro del Lavoro su questo fronte ha una posizione più vicina a quella dei sindacati. Ieri è stato il leader della Cisl Raffaele Bonanni a spiegare che l’emergenza è colpire le anomalie, non la flessibilità buona. «La flessibilità non può essere pagata poco», ha spiegato durante la conferenza stampa dopo l’incontro di Palazzo Chigi.
Sullo sfondo il nodo degli ammortizzatori. Oggi Rete imprese incontrerà di nuovo il governo e lunedì ci sarà il tavolo su questo tema. Poi sarà la volta delle politiche per l’occupazione. Alla fine, l’articolo 18.
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