Politica

Riforme, asse tra Pdl e Pd: meno potere ai partitini e taglio dei parlamentari

Al via le consultazioni. I due partiti maggiori dettano la linea: la legge elettorale dovrà essere collegata al nuovo assetto costituzionale

Riforme, asse tra Pdl e Pd:  meno potere ai partitini  e taglio dei parlamentari

Roma - Nel Pdl c’è chi lo definisce un faccia a faccia «dimostrativo». Il segnale che sulla modifica della legge elettorale tutti verranno ascoltati, ma poi spetterà ai due partiti maggiori il compito e la responsabilità di distribuire le carte al tavolo della grande trattativa. Senza pregiudizi o reciproche demonizzazioni. Quel che è certo è che alla fine del vertice di un’ora e mezza tra Pdl e Pd il clima è positivo e apparentemente foriero di buoni frutti. Entrambi i partiti, infatti, concordano su alcuni punti: la necessità di tutelare il bipolarismo, evitare governi che si formino in Parlamento come accadeva durante la Prima Repubblica, limitare la frammentazione del quadro politico sterilizzando il potere di ricatto dei partiti più piccoli. Una linea condivisa dallo stesso Silvio Berlusconi che avrebbe invitato la delegazione del Pdl a puntare dritto all’obiettivo. «Le riforme o si fanno ora con il consenso almeno dei maggiori partiti, oppure sarà troppo tardi» avrebbe detto loro l’ex premier.

L’aspetto più clamoroso del primo abboccamento è però un altro: il «no» deciso che viene dettato dal Pd e ufficializzato da Luciano Violante sul ritorno alle preferenze. «Siamo assolutamente contrari - dice il responsabile riforme di via del Nazareno - al ritorno alle preferenze perché aumentano i costi della politica e premiano chi usa le clientele, non i più capaci». Una posizione condivisa anche dalla Lega mentre nel Pdl resistono sensibilità diverse su questo tema. L’ipotesi più probabile è l’adozione di collegi uninominali oppure la formazione di «microliste» con 3-4 nomi da presentare in collegi di dimensioni ristrette. «L’importante è fare in modo che ci siano i nomi dei candidati sulla scheda. In questo modo si ottiene trasparenza, ma si limita la possibilità di infiltrazioni», spiega il senatore del Pd Stefano Ceccanti.

Il comunicato congiunto firmato da tutti i partecipanti al vertice - già questo un gesto politico dal forte significato simbolico - lascia capire come la possibilità di stringere un patto di ferro tra le due maggiori forze politiche ci sia tutta. «Le delegazioni del Pdl e del Pd, costituite da Donato Bruno, Gaetano Quagliariello, Ignazio La Russa, Gian Claudio Bressa, Luciano Violante e Luigi Zanda, hanno convenuto sulla necessità di utilizzare quest’ultima parte della legislatura per procedere rapidamente a riforme idonee a dare credibilità e forza al sistema politico e istituzionale», si legge. Nel dettaglio «si sono affrontati i temi della riforma istituzionale e della riforma elettorale ribadendo la necessità di collegare i due aspetti. Per quanto concerne le riforme istituzionali si è discusso della possibilità di avviare il superamento del bicameralismo paritario, di ridurre il numero dei parlamentari, di rafforzare la stabilità di governo e il ruolo dell’esecutivo. Si è convenuto, inoltre, sull’opportunità di procedere rapidamente alla riforma dei regolamenti parlamentari favorendo soprattutto la celerità del procedimento legislativo».

Indicazioni di massima che lasciano intravedere un’ipotesi di lavoro che ricalcherebbe il modello spagnolo in cui si punta non solo a «sbarrare» ma anche ad aggregare. In pratica un sistema in cui è previsto un premio per i partiti più grandi mentre le formazioni più piccole prendono in percentuale meno seggi dei voti raccolti ma godono comunque di un diritto di tribuna. Ignazio La Russa sintetizza così le posizioni dei partiti: «La Lega (prima del vertice si era svolto un summit preliminare tra il Pdl e il Carroccio, ndr) è per modificare l’attuale legge elettorale ed è contraria all’introduzione delle preferenze. Il Pd vuole una nuova legge». In ogni caso «non stiamo facendo ammuina. Se non si dovesse arrivare a una soluzione condivisa, ritengo che si dovrebbe lasciare il Porcellum corretto nel senso di garantire agli elettori di scegliersi i propri candidati». «Una cosa è certa - aggiunge - il Pdl un Parlamento di soli nominati non lo vuole più».

La Lega, a sua volta, condiziona la sua partecipazione alla trattativa sulla legge elettorale a una precisa condizione. «Si sentono troppe chiacchiere in libertà per cui è bene fare chiarezza: la Lega è categorica in proposito nel ribadire che prima si riduce il numero dei parlamentari e poi si affronta la materia elettorale» dice Roberto Calderoli. «Non vorrei dover pensare che il dibattito sulla legge elettorale serva soltanto a evitare la riduzione del numero dei parlamentari». Chi non vuole saperne di sedersi al tavolo con il Pdl è, invece, l’Italia dei Valori. «Riteniamo pericolosi e oscuri per la democrazia questi incontri da sottoscala fatti non alla luce del sole», dice Antonio di Pietro.

«Ci confronteremo con il Pd ma l’Idv non parteciperà alle consultazioni promosse dal Pdl sulla riforma elettorale».

Commenti