Riforme, Bossi gela il centrosinistra «Tempo scaduto, niente alibi al Colle»

da Roma

Venerdì scorso c’è mancato un attimo che Umberto Bossi strappasse il cellulare di mano a Roberto Cota e intervenisse in diretta a Gr Parlamento. Poi, diretto a un comizio sul Lago Maggiore, in quel di Cannobio, il Senatùr ha preferito lasciar perdere e ha dato mandato al segretario piemontese della Lega di salutare gli ascoltatori e mettere in chiaro una cosa: «Sulle riforme - è stato il suo ragionamento - ci siamo astenuti perché non vogliamo che il presidente della Repubblica possa avere un alibi per non mandare il Paese alle urne in caso di crisi di governo sostenendo che si è avviato in Parlamento un processo di riforme che in verità è ancora tutto da definire». Un messaggio che Cota ha riportato quasi alla lettera.
Così, non stupisce che ieri mattina, intervistato a Radio anch’io, il Senatùr abbia ribadito che «non c’è più tempo per fare una riforma elettorale». Concetto su cui lunedì sera si era trovato d’accordo pure uno solitamente ben disposto al dialogo come Roberto Maroni. «Nella maggioranza - spiegava il capogruppo della Lega alla Camera - ci sono troppe divisioni che impediscono di fare una nuova legge elettorale. E allora è meglio andare alle elezioni».
In via Bellerio come a Palazzo Grazioli, da qualche giorno lo sguardo è volto verso il Colle più alto di Roma. Perché se Silvio Berlusconi continua a dare per scontata la crisi di governo sulla Finanziaria, da qualche giorno sembra essersi convinto anche il Senatùr. «Se lo dice Silvio...», ripeteva ancora lunedì ai suoi colonnelli dopo l’incontro con i rappresentanti del Fronte Polisario (il movimento che si batte per l’autonomia del popolo Sahawari dal Marocco). E, dunque, occhi puntati sul Quirinale. Verso il quale è diretto il messaggio sulle riforme, visto che «ormai - dice Bossi - per il governo siamo alla fine».
Insomma, nonostante i voti favorevoli in commissione Affari costituzionali sulle riforme costituzionali e l’astensione sul voto finale, sul fronte della legge elettorale il leader del Carroccio dice di essere favorevole «solo a piccole modifiche dell’attuale legge». «È inutile - spiega - andare a scegliere sistemi usati in Paesi federalisti. Per quello bisognava fare prima la riforma costituzionale e poi una legge adeguata. Ma finora non s’è fatto nulla e non si può cercare all’ultimo momento di coinvolgere la Lega». E guarda più che alla crisi di governo già alla prossima legislatura quando dice che «per fare le riforme» il Carroccio punta a «ottenere tanti voti così da essere forti in Parlamento in modo che neppure l’opposizione potrà farci nulla».
Il Senatùr, poi, rilancia l’asse del Nord tra Lega e Forza Italia. Ribadendo, però, il suo «no» al partito unico che «ci fa perdere voti». Insomma, «meglio ognuno con il proprio partito» per poi «fare fronte comune alle elezioni» con «Berlusconi leader». Ce n’è anche per Pier Ferdinando Casini, con il quale ha ristabilito un contatto qualche settimana fa, quando i due si sono ritrovati insieme al matrimonio della leghista Carolina Lussana e dell’udc Giuseppe Galati. «Ma fuori dalla Casa delle libertà - si limita a dire Bossi riferito all’ex presidente della Camera - uno dove va?».

Salvo poi buttare lì una battuta sulle imminenti nozze con Azzurra Caltagirone: «È il secondo matrimonio, ora mi pare che quel ragazzo stia esagerando». Poi, già con la testa a Strasburgo dove arriverà oggi per partecipare ai lavori dell’Europarlamento, uno dei suoi cavalli di battaglia preferiti: «Milano capitale morale? Per me è la capitale d’Italia e basta».

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