da Roma
La più surreale è quella di Francesco Rutelli, ineguagliabile maestro del camuffamento. «Sulla legge elettorale si sta andando dintesa...». Poco prima, il suo fedelissimo Ermete Realacci, smentendo il capo, aveva chiarito che «laccordo raggiunto nel vertice dellUnione è inadeguato...». Un pessimismo raccolto dal buonsenso del leghista Bobo Maroni, sincero nellammettere che «lintesa non cè e le posizioni sono in netto contrasto».
A confondere animi e menti il ricorso al referendum, ben lungi da essere stata scongiurato. Tanto che Piero Fassino a nome (si presume) dei Ds ammoniva: «Nessuno cavalchi il referendum, abbandonando la possibilità di arrivare a una nuova legge in Parlamento...». Gli sarebbe bastato sentire al telefono la vice di Walter Veltroni, Maria Pia Garavaglia, per sapere come il referendum venga considerato, da quelle parti, «importantissimo per rinnovare la politica». Tutti i referendari annidati nella maggioranza si erano nel frattempo ribellati alle richieste di uscire dal comitato promotore, che proprio ieri ha confermato che dal 24 aprile si cominciano a raccogliere le firme.
In questo bailamme, Prodi e Chiti ricevevano i primi gruppi parlamentari - Autonomie, Pdci, Udeur e Verdi -, sulla base della bozza-Chiti. Anche lex ministro leghista, Roberto Calderoli, proseguiva il lavoro al «tavolo dei volenterosi» sulla propria bozza, molto simile a quella di Chiti. Un modello regionale «corretto» che, nella versione di Chiti, necessita persino di modifiche costituzionali («Andranno approvate subito dopo la legge elettorale», la pia intenzione di Chiti). Quale sia però la proposta concreta del ministro resta un mistero. Il vicecoordinatore di Forza Italia, Fabrizio Cicchitto, la definiva «come lAraba fenice», visto che «la vera proposta arriverà solo dopo Pasqua e, se entro luglio la riforma non viene approvata almeno da un ramo del Parlamento, il referendum non lo ferma nessuno...».
Di che si parla, allora? Di tutto e di niente, tanto che il referendario Guzzetta, amante delle provocazioni, stuzzicava Chiti definendo «esoterica» la sua bozza. «Ci piacerebbe capire...». «Non la devo mostrare a Guzzetta...», si spazientiva il ministro. Alla domanda di rito, «chi lha vista?», dava risposta il comunista Sgobio alluscita da Palazzo Chigi: «La bozza Chiti? Nel dettaglio la conoscono solo Chiti e Prodi...».
Riforme, la «bozza fantasma» divide lUnione
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