Riforme, Napolitano chiede a Bersani di mettere le carte in tavola

Prosegue il giro d'orizzonte del capo dello Stato, che riceve i vertici del Pd e ottiene «disponibilità a trattare» su un rafforzamento dei poteri del premier e la riduzione del numero dei parlamentari. Aperture anche sulla giustizia, ma la strada è lunga

Dopo le udienze di Calderoli e Violante, dopo l'incontro con Fini e Schifani, dopo i contatti con altri esponenti della maggioranza, ora tocca al Pd scoprire le carte davanti al capo dello Stato. Sono infatti le riforme il tema al centro dell'incontro tra il presidente della Repubblica e i vertici del Partito democratico, salito in blocco sul Colle: il segretario Pierluigi Bersani, la presidente Rosy Bindi, il vice segretario Enrico Letta e i capigruppo Dario Franceschini e Anna Finocchiaro.
L'incontro, nello studio alla Palazzina, rientra in un giro di «consultazionì formali e informali" che Giorgio Napolitano ha avviato per sondare il terreno delle riforme e capire quali sono le reali possibilità di realizzarle nell'ottica di una «larga condivisione» tra maggioranza e opposizione. Insomma, in questo momento, il capo dello Stato vuole rendersi conto se c'è almeno «un quadro di disponibilità» o se i due blocchi stanno solo facendo melina. C'è, difatti, chi ha già parlato di referendum come unica via percorribile e c'è, dalla parte opposta, chi continua a lanciare proposte sempre diverse. Napolitano ha già messo in guardia rispetto a confusione e «approssimazioni»: la sua preoccupazione è che la stagione delle riforme parta con il piede giusto e da ciò che è già condiviso.
Più volte, l'ultima a Verona, il presidente ha ricordato che le riforme, sia istituzionali che economico-sociali, tra cui quella del fisco e degli ammortizzatori sociali, non possono attendere oltre, che «non sono più procrastinabili». Proprio l'impegno per facilitare questo percorso, per garantire la stabilità istituzionale necessaria perchè il Paese possa crescere, rappresentano per il capo dello Stato una delle missioni principali della seconda parte del suo settennato.
Napolitano ha già avuto una serie di incontri. Diversi i contatti con Gianfranco Fini, ma anche con altri esponenti della maggioranza e di opposizione. Qualche giorno fa il presidente ha visto Luciano Violante, autore della bozza che vale per il Pd come punto di partenza per le riforme e che al Senato ha ottenuto, sotto forma di mozione, il parere favorevole del governo. Quella di coniugare la revisione dell'assetto politico-istituzionale a una modifica della legge elettorale, come chiede il Pd, è un'esigenza che non può non essere considerata legittima ed è una partita, tutta politica, che si dovrà giocare nell'arco dei prossimi tre anni.
Così sul Colle Bersani assicura la disponibilità del suo partito al confronto, ricordando che «le proposte del Pd ci sono già» e ribadisce il no alla bozza Calderoli, giudicata «impotabile». Quello che invece servirebbe, dice, è cambiare la legge elettorale. S', ma come? Su questo punto il segretario democratico non si sofferma su un modello preciso, ben sapendo che nel suo partito ci sono sensibilità diverse, ma ha fissa un criterio: quello di «restituire ai cittadini la scelta dei rappresentanti».
Ma pure sulla giustizia il Pd è pronto a discutere di una riforma «che ne migliori l'efficienza pensando all'interesse degli italiani»: la proposta avanzata da Andrea Orlando può rappresentare un punto di partenza. Insomma il Pd non si farà trovare impreparato se il treno dovesse partire davvero in Parlamento, questo un po' il senso dell'incontro. Con la consapevolezza però che al momento dalla maggioranza arrivano segnali quantomeno discordanti sul modello da adottare.

Bersani rinnova a Napolitano anche l'impegno democratico per le riforme economiche e sociali che affrontino la crisi economica. Da tempo il leader del Pd ritiene necessario un intervento sui redditi più bassi, sul lavoro, sul fisco e per le piccole e medie imprese.

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