Rifornivano di hashish mezza Italia

Undici persone arrestate, una dodicesima ricercata, oltre due tonnellate di hashish sequestrate per un valore di 7 milioni di euro, così come 70 mila euro in contanti, nove auto di grossa cilindrata e un immobile di ingente valore a Firenze. È il risultato della maxioperazione che si è conclusa ieri con un blitz che ha coinvolto ieri all’alba circa 200 uomini del centro operativo della direzione investigativa antimafia di Roma, della squadra mobile e dei reparti territoriali dei carabinieri di Ostia e Frascati. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite su ordine della procura distrettuale antimafia di Roma. Nel corso dell’indagine, avviata nell’agosto del 2005, e che già aveva condotto in precedenza all’arresto di due persone, gli agenti hanno documentato un traffico di stupefacenti che si aggira intorno alle quattro tonnellate.
La banda, che aveva la sua base tra Anzio, Nettuno, Ostia e Fiumicino con ramificazioni a Malta e Marocco, era formata da quattordici italiani, undici romani (quasi tutti residenti al Tuscolano) e tre siciliani (tra i quali un 43enne originario di Gela residente ad Anzio). A capo dell’organizzazione era Elio Aller, un romano nullafacente di 52 anni che più di una volta è stato indagato ma è sempre riuscito a evitare le manette. Gli agenti della centrale operativa della Dia di Roma avevano individuato la banda nell’agosto del 2005 grazie alle dichiarazioni di alcuni confidenti e le difficili indagini avevano portato alla scoperta di un ingente traffico di stupefacenti tra il Marocco e il Lazio. Il gruppo criminale, secondo gli inquirenti, riforniva di hashish Roma e da qui altre città d’Italia. Alcuni agenti si erano infiltrati nell’organizzazione scoprendo una darsena e un ristorante a Fiumana Grande, alla foce del Tevere, dove lo stupefacente veniva stoccato e preparato per lo smercio.
Aller, tramite il 43enne originario di Gela, aveva fatto comprare una barca a Malta che si recava in Marocco per caricare lo stupefacente diretto in Italia. L’imbarcazione arrivata in acque extraterritoriali, a circa 35 miglia dalla costa veniva avvicinata da gommoni oceanici dove veniva fatto il trasbordo dello stupefacente che raggiungeva le coste laziali.

La droga veniva poi stoccata e smistata nella darsena. Per comunicare e mettere a punto i dettagli dello smercio i componenti del sodalizio, arrestati con l’accusa di spaccio internazionale di sostanza stupefacente, usavano vocaboli attinenti alla ristorazione.

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