«Il rigore pubblico è la sola medicina per rilanciare le imprese private»

RomaLuigi Marino, presidente di Confcooperative, sposa in pieno la politica di Giulio Tremonti. Giusto tenere la spesa sotto controllo. Non è più pensabile - secondo la centrale delle imprese cooperative di area cattolica - uno sviluppo basato sulla spesa pubblica. A decidere come usciremo dalla crisi non sarà lo Stato, ma le scelte delle imprese e dei lavoratori.
Una centrale cooperativa attenta al sociale non dovrebbe essere contro il tremontismo, tutto rigore e poca spesa?
«Sono favorevolissimo alle politiche di Tremonti. I problemi dello Stato sono gravissimi e fa bene il ministro a tenere la barra ferma sui conti. É una delle poche certezze del Paese, anche perché è giusto imporre più efficienza allo Stato».
E lo sviluppo?
«Considero un fatto negativo che il Paese sia mobilitato nella ricerca di una ricetta per lo sviluppo basata sulla spesa pubblica. Il vero problema è allocare le risorse pubbliche a disposizione, un dispensario con pochissime medicine che il governo nel recente passato ha opportunamente destinato alle emergenze sociali, agli ammortizzatori sociali».
Di cosa si dovrebbe occupare chi vuole favorire lo sviluppo?
«Di una crisi, epocale e strutturale, che non è più possibile superare con la spesa pubblica. Si dovrebbe impegnare a non contare sulle risorse dello Stato. Una sfida difficile per le imprese, ma anche per la politica. Anche nel governo c’è chi ancora pensa si possa fare sviluppo spendendo».
Anche altri Paesi hanno puntato sulla spesa.
«In Paesi come la Francia o gli Stati Uniti, ma questa scelta non ha portato a grandi risultati. Senza contare che noi abbiamo la montagna del debito pubblico e non possiamo pensare di competere continuando a contare su un sostegno pubblico, a fondo perduto, a favore de gli investimenti in ricerca e innovazione. Dobbiamo farcela da soli».
Da dove cominciare?
«Sostenere il reddito con la contrattazione decentrata è un primo impegno.

Poi c’è il problema della dimensione e della capitalizzazione delle imprese. É vero che piccolo è bello, ma le organizzazioni datoriali devono lavorare per favorire l’integrazione la concentrazione e l’internazionalizzazione delle imprese italiane».

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