da Milano
«La nostra è una traversata del deserto» dice Barbara Pollastrini all’assemblea provinciale del Pd milanese e scatena sorrisini amari tra i pochi eletti del partito che hanno risposto alla chiamata, si guardano intorno e si sentono ancora più soli.
Centinaia le sedie vuote nell’auditorium di via Corridoni dove la scritta «Costruiamo insieme il nostro partito» sembra una provocazione e forse lo è. Rompe gli indugi Alberto Mattioli, vicepresidente della Provincia, esponente dell’area cattolica: «La modesta presenza di oggi non è un bel segnale. Rischiamo un esodo silenzioso dal Pd».
Alle primarie dell’anno scorso erano stati eletti in quattrocento, ne sono arrivati poche decine. «Siamo sempre rimasti meno di cento. Mi sento offeso a essere stato convocato alle nove per trovare venticinque persone» si lamenta dal palco (e non è l’unico) Filippo Caputo, esponente dell’esecutivo provinciale. «Il nostro spauracchio è che nel giro di un anno saremo ancora meno della somma di Ds e Margherita» aggiunge, forse con ottimismo, un esponente dell’area Bindi.
Il disinteresse degli assenti si somma al malumore dei presenti, invitati a «perdere una giornata per discutere sul sesso degli angeli», come lamenta qualcuno. A un certo punto arrivano cinque minuti di sospensione per riflettere su «un subemendamento all’emendamento generale», neanche si fosse in Parlamento per la finanziaria. Invece si tratta di stabilire le regole per eleggere il coordinatore cittadino del Pd: delle primarie tanto cavalcate in passato neanche a parlarne, sarà scelto a turno unico dagli eletti e dai direttivi del circoli. «Un passaggio necessario, per carità, ma adesso smettiamo di discutere sui regolamenti e affrontiamo i nodi politici» si accalora Franco Mirabelli, ex segretario provinciale dei Ds.
L’allarme corre attraverso tutte le anime del Pd, dai centristi eredi della Margherita alla sinistra che si vede erodere spazi di consenso dal movimentismo di Antonio Di Pietro. «Abbiamo paura che alle amministrative a Milano la lista Di Pietro prenda il 10 per cento» confessa Caputo, dicendo ad alta voce ciò che i dirigenti sussurrano preoccupati nei corridoi. La rincorsa in piazza decisa da Walter Veltroni lascia perplessi molti, che preferirebbero un profilo più riformista.
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