Politica

Rimborsi, i partiti tagliano solo del 30%

Effetto anticasta? Rimandato. La tranche di luglio non slitta. I fondi saranno dimezzati dall'anno prossimo

La tranche di rimborsi elet­torali che scatterà a luglio non si rinvia, malgrado le promesse dei giorni scorsi (Bersani un mese fa: «Possiamo congelare l’erogazio­ne della rata »).E malgrado l’impe­gno a dimezzarla, non si dimezza ma cala del 33%. Significa che le se­greterie di partito incasseranno a breve 122 milioni di euro, al posto dei 182 di partenza. Meno, ma co­munque parecchio. È quanto pre­vede il testo di riforma presentato dai relatori di Pd e Pdl alla Came­ra, proprio nel giorno in cui alle elezioni trionfa Beppe Grillo an­che grazie agli scandali legati al fi­nanziamento pubblico (a cui il Movimento 5 Stelle ha rinuncia­to). Ha vinto il partito dei tesorieri, che hanno fatto presente ai rispet­tivi capi che le casse di Pd e Pdl so­no vuote e che quindi non si può fa­re a meno dei soldi di luglio, se non tutti almeno un buon 70 per cento deve entrare. «Era l’unico modo per portare il testo in aula» dice il relatore del Pd Gianclaudio Bressa, col suo stesso partito che presenta un emendamento per portare al 50% quel 33% (ancora Bersani: «Da parte nostra non c’è nessun arretramento. Noi siamo ancora fermi lì ma non c’è accor­do in commissione. Noi mettere­mo ai voti la nostra proposta in au­la »).

La novità contenuta nella bozza è piuttosto il dimezzamento del fi­nanziamento annuo, a partire dal primo rinnovo delle assemblee che generano crediti elettorali (Parlamento, Europarlamento, Regioni):91 milioni di euro all’an­no (dal 2013), di cui il 70% (pari a 63.700.000 euro), corrisposto co­me rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e «contri­buto per l'attività politica », quindi finanziamento puro e semplice. Il restante 30% (27.300.000 euro) verrebbe invece erogato come «co­finanziamento ». Che vuol dire? Che ai partiti viene riconosciuto un ulteriore contributo annuo pa­ri a-0,50 euro per ogni euro che rie­scono ad ottenere col finanzia­mento privato (quote associative, donazioni da persone fisiche o so­cietà). Viene insomma premiato e quindi incentivato chi riesce a con­vin­cere più soggetti privati a finan­ziare le propria attività politica. Per converso, sono incentivati an­che i donatori privati, con una de­trazione fiscale del 38% per som­me fino a 10mila euro ( attualmen­te è del 19% fino a 103mila euro), regalate ai partiti solo in modo tracciabile, cioè tramite bonifico bancario o postale. Saranno pub­blici i contributi superiori ai 5mila euro, mentre oggi il limite è di 50mila euro.

La soglia per ottenere i soldi pub­blici resta bassa e dà quindi linfa ai partitini, perché basta un solo elet­to per essere finanziati dallo Stato (questo però esclude dal finanzia­mento i partiti senza eletti, o de­funti). E chi controlla? La propo­sta istituirebbe una «Commissio­ne per la trasparenza e il controllo dei rendiconti», che avrà sede nel­la Camera e durerà in carica per 4 anni, formata da cinque magistra­ti: uno della corte di Cassazione; uno del Consiglio di Stato e tre del­la Corte dei conti. Due dei tre magi­strati contabili dovranno essere, inoltre, revisori dei conti iscritti nel relativo registro.

I partiti dovranno farsi certifica­re i conti da una società di revisio­ne esterna, prevede il testo. Un controllo in più, che però non ga­rantisce granché, visto che non viene toccata la natura giuridica dei partiti che restano quindi asso­ciazioni private, con obblighi con­tabili molto meno stringenti ri­spetto a soggetti pubblici. Ad ogni modo la Commissione potrebbe decidere sanzioni pesanti. Se il rendiconto è giudicato irregolare oppure non è stato pubblicato su internet come previsto dal testo, la sanzione applicata dalla Com­missione consiste nella decurta­zione dei rimborsi per un importo da uno a tre volte la misura delle ir­regolarità riscontrate. Se le irrego­larità non sono quantificabili, la Commissione applica la sanzione amministrativa da un terzo a due terzi di tali rimborsi. Se un partito non presenta il bilancio, o se non è certificato, la Commissione può decurtare l’intero importo del rim­borso elettorale. Nel nuovo testo dunque è la Commissione a deci­dere quando e se applicare le san­zioni, e non i presidenti delle Ca­mere come previsto dal preceden­te testo del terzetto Abc. Un passo in avanti positivo. Resta da capire quali reali poteri di indagine avranno i magistrati, rispetto ai bi­lanci di partito. Un Collegio di revi­sori dei rendiconti esiste già, an­che quello presso la Camera.

Ma coi risultati che conosciamo. 

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