Papà Angelo deve aver apprezzato: la sua vera grande Inter non avrebbe mai mancato un'occasione come quella di Kiev, al freddo e al gelo. E tutta la famiglia Moratti si è ritrovata circondata, improvvisamente, da un affetto che non è solo legato alla ricorrenza del presidentissimo ma s'intreccia con la prima vera impresa europea dell'epopea Mourinho. Anche qui le analogie con Helenio Herrera sono state spesso sottolineate senza mai catturare l'attenzione della grande folla. La nuova generazione interista era troppo preoccupata di colmare lacune e cancellare figuracce per soffermarsi sui tratti del portoghese che hanno richiamato alla memoria l'arrivo del mago ad Appiano Gentile, le sue scritte sui muri, i suoi allenamenti inconsueti, le sue scelte tecniche discutibili, i suoi duelli rusticani con Allodi per cedere Corso che considerava estraneo al progetto di grande squadra.
L'Inter dei nostri giorni allora si è ripresa anche l'Europa che era diventato il suo tallone d'Achille. L'ha fatto con una rimonta che ha del miracoloso e dello spettacolare e che è stata scandita da una serie di eccellenti perfomances oltre che dal talento e dall'abilità balistica di Sneijder e Milito, due dei cinque gioielli garantiti dal generoso Massimo Moratti nell'aspettativa di potersi sedere, finalmente, dopo anni di delusioni a raffica, al tavolo dei grandi. Primo punto: nella ripresa, mollati gli ormeggi, la squadra si è lanciata testa bassa all'assalto della Dinamo. L'ha fatto con la forza fisica del gruppo e la rabbia di alcuni esponenti, Lucio il trascinatore, Sneijder e Milito gli esecutori materiali dell'uno-due in 4 minuti. Secondo punto: è stato decisivo l'ingresso di Balotelli che ha squadernato la difesa ordinata e geometrica degli ucraini, vinto alcuni duelli, schiacciato Sheva i suoi fratelli dentro il fortino dell'area di rigore. Forse è il caso di prendere atto delle condizioni di forma del ragazzone di colore invece di continuare a metterlo nell'angolo con una serie di ceffoni pubblici che non devono cementare la sua auto-stima. Ultima riflessione: si è capito a Kiev che in Champions certi canoni tattici possono essere cestinati senza provocare sconquassi. Mourinho ha chiuso la sua serata senza Samuel e Chivu, due difensori, e con un trio d'attacco costituito da Eto'o, Milito e Balotelli sostenuto dal piedino agile di Sneijder, con Thiago Motta e Muntari intervenuti alla fine per consentire a Lucio di lanciarsi in avanti, tipo lancieri del Bengala. Chissà se finalmente, dalle parti di Appiano, capiranno che in Europa non sono sufficienti le prove di forza date in campionato!
L'impresa dell'Inter, alla sua migliore prestazione nel girone, ha forse oscurato quel che è accaduto altrove e in particolare a Firenze dove si sono ritrovati confinati in un angolino della notte televisiva a causa del noto metodo Rai, vale il bacino d'utenza invece che lo spessore di taluni risultati. E invece dalle parti di Prandelli è accaduto qualcosa che dev'essere soppesato con un pizzico di maggiore attenzione. Ha ceduto un suo pezzo pregiato Corvino, Felipe Melo, con quella cifra ha rimpolpato l'organico con Marchionni e Cristiano Zanetti che sono diventati due pilastri della nuova impalcatura. Ma non è questo il solo aspetto esaltante del comportamento viola. Sono i progressi compiuti rispetto all'anno precedente ad esaltare Prandelli e a renderlo orgoglioso della vicina qualificazione agli ottavi che può diventare una sorta di trofeo da esibire sotto gli occhi di quei facinorosi che avevano contestato i fratelli Della Valle e criticato in modo aspro il mercato del club realizzato al ribasso.
Fosse capitato da qualche altra parte, magari a Roma, oppure a Napoli, quel che è accaduto all'ultimo Milan nel corso delle due recenti sfide col Real Madrid, avremmo letto titoli tipo "rapina a San Siro" o cose del genere? Il Milan ha marcato, sia all'andata che al ritorno, due gol uno meglio dell'altro, uno più bello e spettacolare dell'altro, sempre con Pato senza che uscisse, da allenatore o dirigenti, una sola parola che suonasse come una critica dell'operato dell'arbitro. Ha sbagliato, punto. É vero, bisogna avere l'abitudine a frequentare certi salotti buoni, per tenere al guinzaglio il dispetto ma un pizzico di maturità servirebbe al nostro torneo domestico, per renderlo meno tossico rispetto all'aria pura che si respira in Champions.
Bisognerà inoltre attendere i prossimi mesi per decifrare, attraverso il cammino di Real e Milan, la portata dell'affare Kakà. Per ora il rendiconto è il seguente: i berlusconiani, a fatica, si sono rimessi sulla strada e hanno cominciato a metabolizzare la partenza del loro asso brasiliano, i madridisti non sono ancora riusciti a trasformare la collezione di figurine in un'armata calcistica, specie in assenza del vero decisivo fuoriclasse, Cristiano Ronaldo. Ne discuteremo tra qualche mese, diciamo tra marzo ed aprile quando sarà più delineato lo scenario della stessa Champions.
La Juve è tornata a casa con i 3 punti ma senza alcuna risoluzione dei suoi gravi affanni. Segno che lunga è la strada per Ciro Ferrara e ancora più complicato il suo lavoro teso a cementare una difesa che deve puntare sui prodigi di Gigi Buffon per tenere in pugno un successo di stretta misura.
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