Politica

«La rinascita di questa città? Solo la facciata di un regime»

Edoardo Bennato: «In questi anni gli amministratori ci hanno fatto credere che il problema fosse risolto. Ora con i morti ammazzati è riemersa la verità»

Gianluigi Nuzzi

«Il regime locale faceva apparire Napoli in rinascita, l’opinione pubblica ha avuto la rassicurante percezione che il problema fosse risolto perché una certa entità politica si era presa a cuore la città. Con i morti ammazzati oggi si scopre che era solo una facciata rassicurante, come quella di tutti i regimi». Edoardo Bennato, cantastorie e Don Chisciotte di Bagnoli, per far capire subito chi si salva tra chi vive e amministra nel Golfo, rispolvera una canzone scritta 14 anni fa, Nisciuno. «Chille ca nun vanno fa’ ’a fila... chille ca passano c’o russo, chille ca se fermano c’o giallo, chille ca stanno chiene ’e miliarde, chille ca pezziente, ’e viecche, ’e criature, ’e buone, ’e malamente, nisciuno! Nun se salva nisciuno, nisciuno nisciuno, int’ ’a ’sta città nun se salva nisciuno!...».
Realismo crudo di chi non la vuole buttare sullo scippo al Vomero come elemento pittoresco. Qui, non si salva nessuno. La speranza al capolinea, il processo di degradazione irreversibile. Eppoi fuor di metafora ogni orgoglio langue in singulto se i quattrini stanno nelle tasche sbagliate: «l’economia della città è compromessa con l’anti Stato», con la camorra delle mitragliette, dei rioni trasformati in fortini. Ragioni storiche, innanzitutto: «A Napoli vivono due milioni e mezzo di persone rimaste indietro, senza senso della res publica, avendo subito solo domìni. Francesi, Angioini, Borboni e Savoia prima, oggi lo Stato che li sostituisce ma che viene percepito come tiranno. Così il poliziotto, il vigile urbano, il finanziere sono mal tollerati come strumenti vessatori del tiranno». Se a Napoli nun se salva nisciuno, «a iniziare da Bennato stesso», è soprattutto perché oggi «Napoli sintetizza i problemi dell’Italia portandoli all’estremo». Una situazione schizofrenica, visto che «Napoli sta all’Italia come l’Italia stessa sta all’Europa».
Soluzioni? Poche. Dal cilindro di Bennato non esce la magia per guarire. Indica con sicurezza chi ha perso definitivamente: «Non saranno lo Stato e la politica a ribaltare la situazione. Saranno i napoletani a reagire con mosse da indirizzo per chi amministra». Per questo l’invio dell’esercito è quasi inutile. «Mortifica perché serve più per tranquillizzare l’opinione pubblica a Bolzano e Reggio Emilia che risolvere i problemi. Umilia e verrà vissuto come se a Napoli arrivasse la flotta ad aiutare il vicerè degli Spagnoli. L’esercito verrà vissuto come vessatorio, determinerà atteggiamenti di intolleranza. Il rimedio passa attraverso solo le nuovissime generazioni, accelerando i processi di coscienza sociale».
L’importante è però capire se si è ancora in tempo. Non è questione da poco. «Dovremo purtroppo passare per traumi, cose tragiche per arrivare a una soluzione. È come il Vesuvio. Alle falde abitano migliaia di persone. Case palazzi abusivi sotto un vulcano mai spento. La tragedia un giorno verrà. È inevitabile. Spero che sia il più lontano possibile nel tempo ma tutti sanno che il Vesuvio non dormirà per secoli. E tutti sanno che con la concentrazione di case presente sarà difficile sgombrare la popolazione in un tempo utile per evitare vittime. Tutti sanno ma aspettano. Tutti guardano ma non vedono. Così Napoli, la mia città, il posto sicuramente più bello al mondo. Nessuna similitudine più calzante. Ci sarà inevitabilmente un trauma tale da creare il punto di risalita, di cambiamento. Si può facilitare predisponendo i giovani e giovanissimi a essere più attenti e pronti. Ma anche a fermare la degradazione progressiva. Anche perché per Bennato Napoli è e rimarrà sempre città «obliqua e verticale».
Dove il musical diventa quotidianità dove osare, volere e sognare si mescolano e creano. «La nuova Bagnoli, l’area di Coroglio restituita alla sua vocazione turistica e, ancora, le scalinatelle del ’600 affiancate dalle scale mobili per dare ossigeno ai movimenti, alleggerire il traffico...». Ma questi per il cantastorie partenopeo fanno parte delle idee da «futurologo» troppo lontane dal Golfo. Da quella immagine splendida che Edoardo porta negli occhi quando a 12 anni rivide il Golfo dal ponte della nave, tornando a casa dopo un lunghissimo viaggio nelle Americhe.
gianluigi.

nuzzi@ilgiornale.it

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