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Rinviato a giudizio Antonio Fazio, il banchiere che piaceva ai Ds

MilanoEra il 2005, sembra preistoria. L’epoca delle scalate, dei furbetti del quartierino, dei passi più lunghi delle gambe. Ora va a processo uno dei capitoli più ruspanti di quella sciagurata stagione: la mancata conquista da parte di Unipol di Bnl. Al termine dell’udienza preliminare, il gip di Milano ha rinviato a giudizi alcuni nomi eccellenti della finanza italiana, oggi rovinati nella polvere. La lista comprende, nientemeno, l’ex governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio, l’ex presidente di Unipol Giovanni Consorte, il suo vice Ivano Sacchetti, l’imprenditore Francesco Gaetano Caltagirone, l’immobiliarista Stefano Ricucci, autore in simultanea della sfrontata e ancor più disastrosa scalata a Rcs.
La sfortunata operazione Bnl segna il tentativo, maldestro, di creare un polmone finanziario rosso, vicino ai Ds, utilizzando la storica roccaforte assicurativa bolognese. Insomma, accanto alla bolla degli immobiliaristi, che finiranno travolti dalla loro ingordigia, ci sono le velleità della sinistra italiana che viene sedotta dal grande timoniere Giovanni Consorte, lo gnomo che fa sognare D’Alema e Fassino.
Secondo la Procura di Milano, Consorte gioca a carte coperte e cerca di sbaragliare la concorrenza del Banco di Bilbao utilizzando come alleati coperti le banche, da Carige alla Popolare Italiana di Gianpiero Fiorani, che rastrellano segretamente il 24,128 per cento di Bnl e i contropattisti guidati da Caltagirone. Insomma, ancor prima di annunciare l’Opa, l’Unipol della coppia Consorte Sacchetti è già arrivata al 51 per cento. I patti parasociali stipulati dal colosso bolognese con alcuni istituti di credito nel maggio 2005 restano sconosciuti al mercato.
Consorte esulta, D’Alema sogna, Fassino chiede continuamente aggiornamenti al senatore Nicola Latorre, che al telefono dirà: «Fassino non capisce un tubo». Ma è un momento. Le regole sono state violate, l’illusione non supera l’estate. A settembre Consorte viene interrogato alla Procura di Roma. Per la prima volta, a dicembre viene iscritto nel registro degli indagati e precipita anche la posizione del Governatore, figura autorevolissima a capo d’una istituzione che non aveva mai attraversato una tempesta del genere. Balena l’ipotesi che con la scusa di difendere l’italianità di Bnl, Fazio abbia favorito in modo smaccato Unipol che probabilmente non aveva i requisiti per conquistare Bnl.
La scalata finisce in Procura. Fazio è costretto a dimettersi, così come Consorte. Il 19 gennaio, a sorpresa, è Paribas a piantare la bandiera su Bnl. Il sogno della finanza rossa è svanito. Restano solo le macerie e le inchieste che intrecciano i protagonisti e tre storie: Bnl, Antonveneta, Rcs. I giornali s’interrogano a lungo anche sulle eventuali responsabilità dei big dei Ds, ma la politica resta sullo sfondo. Il gip Clementina Forleo insiste sulla pista che porta ai vertici del partito, ma la Procura non segue il giudice e le parti sembrano quasi invertirsi: è la Forleo ad ipotizzare reati che la Procura non vede. Alla fine anche il giudice resterà impigliato in questa storia e verrà trasferito a Cremona.
Ora si arriva al dunque. A processo vanno ventotto imputati che devono rispondere a vario titolo di aggiotaggio, ostacolo all’autorità di vigilanza e, solo per Consorte, insider trading: in due telefonate a Latorre nel luglio 2005 non sarebbe stato, secondo i Pm, «così vago», dando informazioni sull’operazione in corso al suo interlocutore. Sul banco degli imputati, anche Giovanni Berneschi, Giovanni Zonin e Divo Gronchi: avrebbero partecipato alla scalata come Presidente di Banca Carige e Presidente e amministratore delegato della Popolare di Vicenza. Ancora, gli immobiliaristi Danilo Coppola e Giuseppe Statuto, l’europarlamentare del Pdl Vito Bonsignore e tre società: la Hopa, la stessa Unipol, Deutsche Bank. Esce di scena, invece, Gianpiero Fiorani che ha patteggiato 6 mesi convertiti in pena pecuniaria. E fra i nomi di chi è stato prosciolto spicca quello di Marcellino Gavio, l’imprenditore di Tortona che controlla alcune delle principali autostrade italiane.
Il Codacons, sul piede di guerra, annuncia la volontà di costituirsi parte civile: «Ci sono troppi furbetti del quartierino. Il piccolo azionista è sempre estraneo al gruppo di comando, è un intruso da tenere all’oscuro». Ma Consorte respinge le accuse: «Accolgo con sorpresa e stupore la decisione del giudice.

In aula, alla presenza dei principali organi di comunicazione, faremo luce sulle metodologie di indagine che hanno lasciati perplessi sia me che i miei legali».

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