Stefano Zurlo
da Torino
Il breve dialogo fra Annamaria e Stefano Lorenzi. Carpito da una cimice il 5 febbraio 2002. «Siccome - afferma Stefano riferendosi alla porta di casa - tu mi dicevi che ogni tanto la chiudevi». «Quasi sempre... sempre», risponde lei. Poi Annamaria aggiunge: «Lho lasciata aperta quella mattina». E Stefano, premuroso, la blocca: «Non dire sempre, bimba, perché non ti aiuta».
Oggi quella conversazione torna dattualità: il sostituto procuratore generale Vittorio Corsi parte da quelle parole per chiedere in aula un nuovo interrogatorio della mamma di Samuele. Lavvocato Carlo Taormina si oppone, in attesa del deposito della perizia psichiatrica: «Non voglio dare carne da cuocere ai periti psichiatrici». E la partita a scacchi fra accusa e difesa riprende davanti alla corte dassise dapppello di Torino.
È unudienza abbastanza noiosa quella che segna la ripresa del processo dopo una lunga pausa. La giornata è dedicata alla perizia informatica sulle 1800 fotografie scattate nella villetta di Montroz. Secondo Taormina mancano ventisei o ventinove scatti, Antonio Lioi, lesperto, risponde che non cè alcun mistero.
Anna Maria non cè. Inutile farla viaggiare fino a Torino per assistere a quella discussione. Ma i dietrologi avanzano unaltra spiegazione: la donna teme un nuovo interrogatorio.
Ciascuno fa la sua parte. Corsi chiede lennesimo sopralluogo a Cogne per verificare alcuni elementi. «Ad esempio - dice il Pg - se il rumore della toppa sia così forte da aver potuto svegliare Samuele, i tempi di percorrenza dallesterno della casa alla fermata dellautobus e la disposizione delle camere». La difesa è daccordo.
Prossima udienza l11 aprile.
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