La risata «terrona» è benvenuta al Nord

E così anche Ficarra e Picone vengono su al Nord. Un percorso obbligato per (quasi) tutti i terroni cinematografici. Già nel ’56 Totò e Peppino prendevano il treno da Napoli a Milano per scoprire alla Stazione Centrale che in piena estate la nebbia c’è ma non si vede. Anche Monicelli nel suo immeritatamente dimenticato I compagni, girato nel ’63, ma ambientato nella Torino di fine Ottocento, accanto ai locali Pautasso e Martinetti, infila un paio di operai meridionali, in guerra con la proprietà della filanda per ridurre le quattordici ore lavorative. Il cinema è lo specchio della realtà, così per ogni nove terroni che salgono, c’è un polentone che scende. Vedi nello spassoso, e perfido, Benvenuti al Sud, il funzionario brianzolo delle Poste Claudio Bisio sbattuto nel Cilento. Per punizione, manco a dirlo. Sta’ attento, gli raccomanda infatti l’ansiosa moglie Donatella Finocchiaro, consegnandogli il giubbotto antiproiettile. Gli stereotipi sono duri a morire, anche perché sullo schermo fanno felici pubblico e produttori. Una volta tanto alleati. Dunque Ficarra e Picone sbarcano a Torino, come il placido commissario Mastroianni di La donna della domenica: per la verità è laziale, l’attore come il personaggio, ma per un nordista fa istess. Catanese purosangue è invece Mimì metallurgico ferito nell’onore, che nel ’72 fa la spola tra la fabbrica torinese, Mariangela Melato e Agostina Belli: e dire che il multiforme Giancarlo Giannini che lo interpreta a suon di irresistibili tic è di La Spezia.

Lunga è la fila dei sudisti trapiantati a Torino: dalla fiera operaia Valeria Solarino di Signorinaeffe all’immigrato pugliese Lino Banfi che, in Al bar dello sport, grazie al temerario 2 di Juventus-Catania, suggeritogli dal cameriere muto Jerry Calà fa 13 al Totocalcio. Ma guai a tentare di rubare il mestiere ai sudisti come l’Ugo Tognazzi di Milanesi a Napoli, che nel ’54 mette su una fabbrica di pizza industriale. Un disastro. Come il film.

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